Katyn un sussidiario per le scuole
Novecento - mer 11 mar
di Domenico Bonvegna
Venerdì scorso ho assistito alla proiezione a Milano del film Katyn di Andrzej Wajda presso il cinema Palestrina , sala strapiena, c'era gente in piedi ad assistere alla seconda (ed ultima!) proiezione. Centinaia di persone, dopo aver fatto inutilmente la fila al botteghino, sono tornate a casa senza averlo potuto vedere.
La proiezione del film, voluta da "Sentieri del Cinema" e dal Centro Culturale di Milano è stato presentato dal console polacco Krzysztof Strzalka e da Luigi Geninazzi redattore di Avvenire.
Katyn sono 117 minuti intensi, trepidanti, drammatici, "un pugno nello stomaco"come lo fu The Passion o Apocalypto di Mel Gibson. Il regista polacco ha il gran merito di evidenziare senza distorsioni la follia ideologica dei due totalitarismi del 900: il socialcomunismo staliniano e il nazionalsocialismo hitleriano.
Wajda rievoca la strage di 22 mila soldati polacchi uccisi dalla polizia sovietica (NKVD) il 5 marzo 1940 nella foresta di Katyn, situata vicino Smolensk, in Russia. Il massacro fu rivelato dai nazisti in chiave antisovietica al momento dell'invasione della Russia nel '41, ma Mosca rigettò ogni responsabilità sull'esercito di Hitler. E in mezzo ci fu il silenzio dell'Occidente, incapace di denunciare le responsabilità di Stalin, divenuto un indispensabile alleato contro la Germania. Solo nel 1990 l'allora presidente dell'Urss Gorbaciov ha riconosciuto la verità storica sull'eccidio di Katyn. E poi nel 1992 il presidente russo Boris Eltsin, consegnando alla Polonia i documenti che attestavano la piena responsabilità dell'Unione Sovietica nel massacro di Katyn, disse: «Perdonateci, se potete» .
Con Katyn il grande regista polacco (autore di L'uomo di marmo , L'uomo di ferro , Danton ), ha rinnovato in patria il dolore di un intero popolo narrando con stile secco e incalzante - e inserendo anche immagini di documenti d'epoca - una tragedia storica che ha segnato il suo Paese per decenni.
Nel film si vedono, militari nazisti e sovietici insieme, in nome dell'ideologia pronti a qualsiasi crimine, in mezzo gli ufficiali polacchi, soldati d'altri tempi, come dei cavalieri medievali, legati alla divisa, all'identità, alla patria cattolica, alla lealtà militare, speranzosi di farcela nonostante tutto, ma che alla fine sono tutti sacrificati.
Vi è anche un risvolto personale che ha portato Wajda a completare questo lungometraggio - ambientato tra il 1939 e il 1950 - visto che suo padre, Jakub, fu una delle vittime del massacro di Katyn. Per questo motivo, sotto il titolo del suo film, il regista premio Oscar alla carriera nel 2000 ha apposto un'eloquente dedica: «Ai miei genitori». «Mia madre si è nutrita di illusione fino alla fine della sua vita perché il nome di mio padre figurava sulla lista dei soldati massacrati con un appellativo sbagliato» ha ricordato Wajda durante la presentazione ufficiale di Katyn, svoltasi a Varsavia il 17 settembre dell'anno scorso, proprio 68 anni dopo l'invasione sovietica. Wajda, che nella strage, rievoca non solo la dignità e il coraggio delle vittime, ma anche la tenacia nel cercare la verità e la speranza incrollabile delle donne che li aspettano a casa. Così vediamo madri, mogli, figlie attendere, invano, il ritorno degli amati; come Anna , moglie di Andrzej , capitano dell'8° reggimento dell'esercito, che con la figlia Nika aspetta con sempre minor speranza di rivederlo. Le prime scene del film sono quelle di due folle che percorrono una medesima strada ma a senso inverso: vi è chi fugge dall'occupazione Armata rossa e chi scappa dall'oppressione della Wermacht . E le ultime inquadrature del film ritraggono proprio le fucilazioni su 22.000 inermi ufficiali polacchi, uccisi con un colpo alla nuca tra Katyn e altre località limitrofe, per poi essere sepolti in fosse comuni.
Katyn è un film bellissimo si scrive nella presentazione del film sul sito di "Sentieri del Cinema"(un anno fa candidato all'Oscar per il miglior film straniero) e da non perdere, è anche la testimonianza di un popolo orgoglioso delle proprie radici e saldo nella propria fede, con i militari polacchi che vanno incontro alla morte a testa alta e recitando il Padre Nostro mentre uomini stravolti da odio e ideologia li ammazzano come bestie.
Il cineasta polacco ha riconosciuto che «nessun regista sano di mente avrebbe potuto girare un film così durante il periodo comunista, se non presentando la versione ufficiale. Nel mio Paese non c'è stato interesse su questo argomento». Wajda si è avvalso della collaborazione di Pawel Edelman per il montaggio (già all'opera ne "Il pianista"di Roman Polanski) e delle musiche del grande compositore Krzysztof Penderecki.
"'Katyn' viene proiettato in pochissimi cinematografi, 12 in tutt'Italia. Com'è possibile che un simile capolavoro non trovi spazio se non in circuiti ristretti o nei cinema d'essai? Non è certo colpa della società di distribuzione 'Movimento Film' il cui responsabile, Mario Mazzarotto, ammette sconsolato che «di 'Katyn' in versione italiana sono disponibili molte più copie di quante ne circolano attualmente, ma sembra che si stia facendo di tutto per boicottarne la visibilità». Censurato e avvolto nella menzogna di regime per oltre mezzo secolo, Katyn è stato un nome difficile da pronunciare ad alta voce anche qui da noi. Nell'immediato dopoguerra ci fu chi venne sottoposto ad un vero e proprio linciaggio morale da parte del Pci di Togliatti per aver sollevato i veli sull'eccidio che porta il marchio sovietico". (Luigi Geninazzi, Un film che spaventa, 8.3.09 Avvenire).
La Movimento Film (http://www.movimentotv.it), in collaborazione con l'Associazione dei Polacchi a Milano consiglia fortemente, per il suo valore di documento storico e didattico, di far vedere il film agli studenti delle scuole. Ci sarà qualcuno che lo farà? "'Katyn' è un film che dovrebbe essere proiettato in tutte le scuole, - scrive Geninazzi - un contributo al recupero di quella 'memoria storica' che politici ed educatori sottolineano sempre con grande enfasi. Invece in Italia viene relegato, ignorato e sottilmente boicottato. C'è di che vergognarsi: dopo i sovietici, siamo riusciti a censurare Katyn una seconda volta".
Rozzano MI, 9 marzo 2009
Festa di S. Francesca Romana
Domenico Bonvegna
domenicobonvegna[chiocciola]alice.it
Novecento - mer 11 mar
di Domenico Bonvegna
Venerdì scorso ho assistito alla proiezione a Milano del film Katyn di Andrzej Wajda presso il cinema Palestrina , sala strapiena, c'era gente in piedi ad assistere alla seconda (ed ultima!) proiezione. Centinaia di persone, dopo aver fatto inutilmente la fila al botteghino, sono tornate a casa senza averlo potuto vedere.
La proiezione del film, voluta da "Sentieri del Cinema" e dal Centro Culturale di Milano è stato presentato dal console polacco Krzysztof Strzalka e da Luigi Geninazzi redattore di Avvenire.
Katyn sono 117 minuti intensi, trepidanti, drammatici, "un pugno nello stomaco"come lo fu The Passion o Apocalypto di Mel Gibson. Il regista polacco ha il gran merito di evidenziare senza distorsioni la follia ideologica dei due totalitarismi del 900: il socialcomunismo staliniano e il nazionalsocialismo hitleriano.
Wajda rievoca la strage di 22 mila soldati polacchi uccisi dalla polizia sovietica (NKVD) il 5 marzo 1940 nella foresta di Katyn, situata vicino Smolensk, in Russia. Il massacro fu rivelato dai nazisti in chiave antisovietica al momento dell'invasione della Russia nel '41, ma Mosca rigettò ogni responsabilità sull'esercito di Hitler. E in mezzo ci fu il silenzio dell'Occidente, incapace di denunciare le responsabilità di Stalin, divenuto un indispensabile alleato contro la Germania. Solo nel 1990 l'allora presidente dell'Urss Gorbaciov ha riconosciuto la verità storica sull'eccidio di Katyn. E poi nel 1992 il presidente russo Boris Eltsin, consegnando alla Polonia i documenti che attestavano la piena responsabilità dell'Unione Sovietica nel massacro di Katyn, disse: «Perdonateci, se potete» .
Con Katyn il grande regista polacco (autore di L'uomo di marmo , L'uomo di ferro , Danton ), ha rinnovato in patria il dolore di un intero popolo narrando con stile secco e incalzante - e inserendo anche immagini di documenti d'epoca - una tragedia storica che ha segnato il suo Paese per decenni.
Nel film si vedono, militari nazisti e sovietici insieme, in nome dell'ideologia pronti a qualsiasi crimine, in mezzo gli ufficiali polacchi, soldati d'altri tempi, come dei cavalieri medievali, legati alla divisa, all'identità, alla patria cattolica, alla lealtà militare, speranzosi di farcela nonostante tutto, ma che alla fine sono tutti sacrificati.
Vi è anche un risvolto personale che ha portato Wajda a completare questo lungometraggio - ambientato tra il 1939 e il 1950 - visto che suo padre, Jakub, fu una delle vittime del massacro di Katyn. Per questo motivo, sotto il titolo del suo film, il regista premio Oscar alla carriera nel 2000 ha apposto un'eloquente dedica: «Ai miei genitori». «Mia madre si è nutrita di illusione fino alla fine della sua vita perché il nome di mio padre figurava sulla lista dei soldati massacrati con un appellativo sbagliato» ha ricordato Wajda durante la presentazione ufficiale di Katyn, svoltasi a Varsavia il 17 settembre dell'anno scorso, proprio 68 anni dopo l'invasione sovietica. Wajda, che nella strage, rievoca non solo la dignità e il coraggio delle vittime, ma anche la tenacia nel cercare la verità e la speranza incrollabile delle donne che li aspettano a casa. Così vediamo madri, mogli, figlie attendere, invano, il ritorno degli amati; come Anna , moglie di Andrzej , capitano dell'8° reggimento dell'esercito, che con la figlia Nika aspetta con sempre minor speranza di rivederlo. Le prime scene del film sono quelle di due folle che percorrono una medesima strada ma a senso inverso: vi è chi fugge dall'occupazione Armata rossa e chi scappa dall'oppressione della Wermacht . E le ultime inquadrature del film ritraggono proprio le fucilazioni su 22.000 inermi ufficiali polacchi, uccisi con un colpo alla nuca tra Katyn e altre località limitrofe, per poi essere sepolti in fosse comuni.
Katyn è un film bellissimo si scrive nella presentazione del film sul sito di "Sentieri del Cinema"(un anno fa candidato all'Oscar per il miglior film straniero) e da non perdere, è anche la testimonianza di un popolo orgoglioso delle proprie radici e saldo nella propria fede, con i militari polacchi che vanno incontro alla morte a testa alta e recitando il Padre Nostro mentre uomini stravolti da odio e ideologia li ammazzano come bestie.
Il cineasta polacco ha riconosciuto che «nessun regista sano di mente avrebbe potuto girare un film così durante il periodo comunista, se non presentando la versione ufficiale. Nel mio Paese non c'è stato interesse su questo argomento». Wajda si è avvalso della collaborazione di Pawel Edelman per il montaggio (già all'opera ne "Il pianista"di Roman Polanski) e delle musiche del grande compositore Krzysztof Penderecki.
"'Katyn' viene proiettato in pochissimi cinematografi, 12 in tutt'Italia. Com'è possibile che un simile capolavoro non trovi spazio se non in circuiti ristretti o nei cinema d'essai? Non è certo colpa della società di distribuzione 'Movimento Film' il cui responsabile, Mario Mazzarotto, ammette sconsolato che «di 'Katyn' in versione italiana sono disponibili molte più copie di quante ne circolano attualmente, ma sembra che si stia facendo di tutto per boicottarne la visibilità». Censurato e avvolto nella menzogna di regime per oltre mezzo secolo, Katyn è stato un nome difficile da pronunciare ad alta voce anche qui da noi. Nell'immediato dopoguerra ci fu chi venne sottoposto ad un vero e proprio linciaggio morale da parte del Pci di Togliatti per aver sollevato i veli sull'eccidio che porta il marchio sovietico". (Luigi Geninazzi, Un film che spaventa, 8.3.09 Avvenire).
La Movimento Film (http://www.movimentotv.it), in collaborazione con l'Associazione dei Polacchi a Milano consiglia fortemente, per il suo valore di documento storico e didattico, di far vedere il film agli studenti delle scuole. Ci sarà qualcuno che lo farà? "'Katyn' è un film che dovrebbe essere proiettato in tutte le scuole, - scrive Geninazzi - un contributo al recupero di quella 'memoria storica' che politici ed educatori sottolineano sempre con grande enfasi. Invece in Italia viene relegato, ignorato e sottilmente boicottato. C'è di che vergognarsi: dopo i sovietici, siamo riusciti a censurare Katyn una seconda volta".
Rozzano MI, 9 marzo 2009
Festa di S. Francesca Romana
Domenico Bonvegna
domenicobonvegna[chiocciola]alice.it