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L'antiebraismo dei buoni

L'antiebraismo dei buoni

gio 21 feb

di Magdi Allam

Tratto da Corriere della Sera del 21 febbraio 2008

Se nell'Italia democratica che ha istituzionalizzato il Giorno della Memoria e il cui capo dello Stato, Giorgio Napolitano, si è spinto fino a dire «no all'antisemitismo anche se si traveste da antisionismo », due docenti ebrei dell'Università di Torino hanno deciso di presentarsi oggi in aula avvolti nella bandiera israeliana per denunciare l'intolleranza e l'aggressività di cui sono oggetto per il loro esplicito sostegno a Israele, ebbene dobbiamo prendere atto che c'è un vuoto da colmare tra l'atteggiamento ufficiale e la realtà dei fatti.

Se poi consideriamo il contesto che, solo nell'ultimo mese, ha registrato l'annullamento della visita dell'imam della Grande Moschea di Roma alla Sinagoga, il boicottaggio degli scrittori arabi alla Fiera del Libro di Torino per la presenza di Israele quale ospite d'onore e la pubblicazione di una lista di proscrizione di docenti ebrei e amici di Israele, dobbiamo ammettere che l'antiebraismo e l'anti-israelismo sono tratti salienti nella vita religiosa, culturale e accademica del nostro Paese. La storia di Daniela Santus, docente di Geografia culturale, e di Ugo Volli, Semiotica, coniuga il pregiudizio specifico nei confronti degli ebrei e di Israele con il male ideologico dell'intolleranza e della violenza diffuso nelle nostre università. E di cui si tende ad addossarne la responsabilità principale, se non esclusiva, a una « minoranza ». Come è il caso del sedicente «Collettivo universitario autonomo» che, in un suo comunicato del 9 maggio 2005, diceva: «A Ugo Volli e Daniela Santus: siete degli incompetenti, perché confondete la critica al sionismo con l'antisemitismo. Se non è incompetenza è malafede, perché cerca di farsi vergognosamente scudo di una strumentalizzazione della memoria storica sul genocidio nazista per fomentare il genocidio a danno della popolazione palestinese». Sempre a Israele viene addebitata una «politica di sterminio e di persecuzione razziale», nonché il «terrorismo creato, praticato e organizzato scientificamente dallo stato sionista». La persecuzione verbale nei confronti della Santus, che ha ricevuto anche una minaccia di morte per le sue simpatie nei confronti di Gianfranco Fini, è riesplosa due giorni fa con la distribuzione all'università di un dossier di una ventina di pagine a cura del «Collettivo universitario autonomo» comprendente, tra l'altro, anche una lettera della Santus al rettore e al preside della Facoltà di Lingue che avrebbe dovuto restare riservata. Di qui la decisione di raccogliere la sfida e uscire allo scoperto denunciando con un gesto simbolico il clima esasperato di intimidazioni. A questo punto si impongono due domande: com'è possibile che questa «minoranza » aggressiva e violenta, tra cui figurano giovani che nulla hanno a che fare con l'università, disponga di spazi fisici e di risorse operative a Torino (ma è lo stesso anche a Roma e altrove) per perpetuare questo comportamento arbitrario? Com'è possibile che il Rettorato consenta ciò nel nome di un'equivoca interpretazione della libertà che di fatto è una sottomissione ai violenti? Seconda domanda: siamo proprio certi che si tratti di una «minoranza cattiva» che sta in mezzo a una «maggioranza buona »? Si era detto lo stesso per i 67 docenti e per il centinaio di studenti della Sapienza che sono riusciti ad annullare la visita del Papa. Poi abbiamo scoperto che i 67 sono diventati circa 1500 e che le adesioni al «no al Papa» crescono. Ebbene la verità è che non c'è solo il bianco e il nero, ma c'è una vasta area grigia fatta di collusione ideologica, reticenza e opportunismo. Spiace dirlo, ma se ci fosse una «maggioranza buona» non avrebbe permesso il boicottaggio del Papa e la persecuzione dei docenti ebrei.

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