"Falce e girello. La fine dei comunisti" 11.11.2007
Si può chiamare “comunisticità”.
Descrive la parabola storica dal comunismo alla comicità. Da Karl Marx a Groucho Marx. Dal Cremlino al Bagaglino.
Il fenomeno ideologico che incendiò il mondo e ha realizzato una immensa macelleria, un orrore (per questo è stata una cosa maledettamente seria), oggi, a 90 anni esatti della rivoluzione d’ottobre, sembra produrre soprattutto notizie di colore, che strappano la risata.
Almeno in Italia. Diversi episodi di questi giorni lo fanno pensare.
Lazzi e risate sono toccate al segretario del Pdci, Oliviero Diliberto, che, a Mosca, all’uscita dal mausoleo di Lenin ha dichiarato: “La mummia di Lenin? Se la Russia non la vuole potremmo portarla a Roma”.
Maurizio Gasparri, sghignazzando, ha subito proposto uno scambio: noi ci prendiamo la mummia di Lenin se i russi si prendono Diliberto. Come se la cosa non fosse già abbastanza comica, il capogruppo del Pdci alla Camera, Pino Sgobio, ha soccorso il suo leader con una dichiarazione devastante: “A 90 anni dalla rivoluzione d’ottobre, Lenin evidentemente fa ancora paura agli anticomunisti. Tutto questo è la dimostrazione che il comunismo è ancora il futuro”.
Anche solo ipotizzare la traversata dell’Europa da parte della mummia appare come una grottesca parodia dello slogan con cui il marxismo si è affacciato nella storia: “Uno spettro si aggira per l’Europa, lo spettro del comunismo”.
Un’altra divertente disputa marxiana (e marziana) in questi giorni ha opposto Toni Negri e Armando Cossutta. Ma non sulla Terza Internazionale. Più modestamente sulla Nazionale. Di calcio.
Quel Toni Negri che doveva essere il campione del neomarxismo teorico si è cimentato su “Libération” con una serie di considerazione pseudo-filosofiche sulla decadenza del calcio, con elogio di Zidane e bocciatura di Materazzi, che ha fatto insorgere il togliattiano (interista) Cossutta.
E Jacopo Jacoboni sulla “Stampa” ha impietosamente ricordato che pure la Rossanda – vedendo la Nazionale vincente ai Mondiali 2006 – aveva elogiato quel gioco di squadra con un malinconico amarcord: “somiglia a quello che eravamo noi un tempo”.
Noi chi? “Noi del Pci di una volta”. Il Pci di una volta? Ma come si può arrivare a immaginare Togliatti nei panni di Buffon e Longo in quelli di Gattuso? La Sinistra sembra nel pallone.
Meglio i comunisti di una volta che facevano piangere o quelli di oggi che spesso fanno ridere? Forse si sta realizzando proprio ciò che Marx aveva predetto: nella storia ciò che accade come tragedia, poi si replica come farsa.
Certo persiste tuttora uno zoccolo duro comunista che non ride e non si lascia seppellire da una risata. Non sempre l’umorismo coglie la fase senile del comunismo.
Tuttavia perfino l’area estrema che dette vita al “partito armato” e che fa tuttora tremare, incappa talora in qualche sberleffo sarcastico. Un episodio recente, per esempio, ha ispirato considerazioni ironiche a Lidia Ravera che, sull’Unità, ha scritto di quell’ “ex-bierre, né pentito, né dissociato, né rinsavito” il quale “ha rapinato una banca”. O meglio, ci ha provato. A Siena. Chiosa la Ravera: “Leggo su La Repubblica (e trasecolo) che ha dichiarato: ‘Quei soldi mi servivano per le cure mediche e per il dentista’. D’accordo, una dentiera non si nega a nessuno, e i Bierre ‘storici’ hanno ormai i loro annetti, però…”.
Però cosa? La Ravera la fa facile, dice “una dentiera non si nega a nessuno”. Ma farsi la dentiera all’epoca del centrosinistra è diventato un lusso, una conquista sociale, quasi un obiettivo rivoluzionario. E certo che un pensionato si butta a Destra. Passando dal terzo stato alla terza età, magari anche qualche ex rivoluzionario incanutito finirà col ricordarsi di Berlusconi che un giorno – rivolgendosi agli elettori anziani, con l’aumento delle pensioni minime – lanciò il piano “più dentiere per tutti”.
Non so se in questo episodio ci sia la parabola di una generazione rivoluzionaria che passa dall’assalto al cielo all’assalto al dentista. Magari diventassero realisti. Magari seguissero l’aforisma di Mino Maccari: “O Roma, o Orte”.
D’altronde son passati 80 anni da quando Paul Vaillant-Couturier scriveva che “il comunismo è la giovinezza del mondo”. Anche il comunismo, col succedersi dei decenni, è passato dalla protesta alla proposta e dalla proposta alla prostata. Il comunismo esce dall’estremismo per entrare (di corsa e spesso) al bagno.
Le cronache di questi giorni offrono altri spunti ironici sulla Sinistra. Su internet per esempio si discute del paginone che “Liberazione”, quotidiano di Rc, ha dedicato a pornografia e politica, cosa che segna la fine dell’anatema marxista contro l’industria del porno. Facile ironizzare sul passaggio del comunismo dalle bandiere rosse alle luci rosse.
Ma ha suscitato ironie anche una dichiarazione di Vincenzo Cerami che – su sua richiesta – è stato eletto nell’esecutivo del neonato Partito Democratico. All’intervistatore del Corriere della sera, lo scrittore, che probabilmente sarà il responsabile del settore cultura, ha dichiarato che “un grande da recuperare” è “Gramsci e il suo sentimento della realtà”.
Strepitosa idea. Ma forse Cerami non è stato informato che sciolsero 15 anni fa il Pci per non dirsi più comunisti, poi dal Pds passarono ai Ds, ora tolgono perfino la parola “Sinistra”, chiamandosi solo Democratici, per non far ricordare il passato, quindi, dopo un paio di scissioni a Sinistra, hanno imbarcato gli ex diccì, Tex Willer, la Nutella e hanno provato a ingaggiare addirittura Veronica Berlusconi, tutto per far dimenticare di essere stati comunisti. E nel partito di De Mita, Franco Marini, Gerardo Bianco e Francesco Rutelli, il capo del settore cultura ripropone il fondatore del Partito comunista italiano, Antonio Gramsci?
Ha tutte le ragioni Giorgio Israel di ironizzare, sul “Foglio”, ricordando le parole con cui Veltroni ha presentato questo nuovo esecutivo del Pd: “inizia il cammino di una compagine di donne e uomini innovativa, fresca, aperta e autorevole che avrà il compito di interpretare al meglio la grande forza riformista del Pd”. Questa “fresca e innovativa compagine” ripropone Gramsci. E perché non Bordiga e Bakunin?
Ma la notizia più buffa arriva dall’estero e riguarda Marx in persona. La Repubblica l’ha data così: “Il pensiero di Marx influenzato dal suo prurito”. Riprende uno studio del professore Sam Shuster uscito sul British Journal of Dermatology secondo cui “il senso di alienazione” e il rancore che trasudano dalle sue opere sarebbero dovutti anche al fatto che Marx dal 1860 soffrì di “idroadenite suppurativa” che non gli dette tregua per tutta la lavorazione del “Capitale”.
Foruncoli e pustole gli esplodevano sotto le ascelle, sul collo, nella zona inguinale del pene e nelle natiche provocandogli atroci sofferenze e feroce irascibilità, tanto che in una lettera del 1867 a Engels scriveva: “La borghesia si ricorderà dei miei foruncoli fino al giorno della sua morte”.
In realtà la cosa era già nota da tempo ed è più seria di quanto sembri. Ne aveva scritto Frank E. Manuel in “Requiem per Carlo Marx” (Il Mulino).
Manuel, ricordando la scurrilità di Marx quando parla di ebrei, sostiene che si tratti di una malattia psicosomatica dovuta al ripudio del legame materno e delle proprie radici ebraiche. “Esistono fondati motivi per ipotizzare che l’odio di Marx – che viveva nella costante negazione delle proprie origini – nei confronti di se stesso, quando si rivolgeva all’esterno si trasformasse in una ribellione universale contro l’ordine sociale esistente”.
Le conseguenze teoriche – dalla supervalutazione della lotta di classe, al disprezzo delle questioni nazionali, religiose ed etniche – sono all’origine della tragedia del comunismo. E qui c’è poco da ridere.
Fonte: © Libero - 11 novembre 2007
Si può chiamare “comunisticità”.
Descrive la parabola storica dal comunismo alla comicità. Da Karl Marx a Groucho Marx. Dal Cremlino al Bagaglino.
Il fenomeno ideologico che incendiò il mondo e ha realizzato una immensa macelleria, un orrore (per questo è stata una cosa maledettamente seria), oggi, a 90 anni esatti della rivoluzione d’ottobre, sembra produrre soprattutto notizie di colore, che strappano la risata.
Almeno in Italia. Diversi episodi di questi giorni lo fanno pensare.
Lazzi e risate sono toccate al segretario del Pdci, Oliviero Diliberto, che, a Mosca, all’uscita dal mausoleo di Lenin ha dichiarato: “La mummia di Lenin? Se la Russia non la vuole potremmo portarla a Roma”.
Maurizio Gasparri, sghignazzando, ha subito proposto uno scambio: noi ci prendiamo la mummia di Lenin se i russi si prendono Diliberto. Come se la cosa non fosse già abbastanza comica, il capogruppo del Pdci alla Camera, Pino Sgobio, ha soccorso il suo leader con una dichiarazione devastante: “A 90 anni dalla rivoluzione d’ottobre, Lenin evidentemente fa ancora paura agli anticomunisti. Tutto questo è la dimostrazione che il comunismo è ancora il futuro”.
Anche solo ipotizzare la traversata dell’Europa da parte della mummia appare come una grottesca parodia dello slogan con cui il marxismo si è affacciato nella storia: “Uno spettro si aggira per l’Europa, lo spettro del comunismo”.
Un’altra divertente disputa marxiana (e marziana) in questi giorni ha opposto Toni Negri e Armando Cossutta. Ma non sulla Terza Internazionale. Più modestamente sulla Nazionale. Di calcio.
Quel Toni Negri che doveva essere il campione del neomarxismo teorico si è cimentato su “Libération” con una serie di considerazione pseudo-filosofiche sulla decadenza del calcio, con elogio di Zidane e bocciatura di Materazzi, che ha fatto insorgere il togliattiano (interista) Cossutta.
E Jacopo Jacoboni sulla “Stampa” ha impietosamente ricordato che pure la Rossanda – vedendo la Nazionale vincente ai Mondiali 2006 – aveva elogiato quel gioco di squadra con un malinconico amarcord: “somiglia a quello che eravamo noi un tempo”.
Noi chi? “Noi del Pci di una volta”. Il Pci di una volta? Ma come si può arrivare a immaginare Togliatti nei panni di Buffon e Longo in quelli di Gattuso? La Sinistra sembra nel pallone.
Meglio i comunisti di una volta che facevano piangere o quelli di oggi che spesso fanno ridere? Forse si sta realizzando proprio ciò che Marx aveva predetto: nella storia ciò che accade come tragedia, poi si replica come farsa.
Certo persiste tuttora uno zoccolo duro comunista che non ride e non si lascia seppellire da una risata. Non sempre l’umorismo coglie la fase senile del comunismo.
Tuttavia perfino l’area estrema che dette vita al “partito armato” e che fa tuttora tremare, incappa talora in qualche sberleffo sarcastico. Un episodio recente, per esempio, ha ispirato considerazioni ironiche a Lidia Ravera che, sull’Unità, ha scritto di quell’ “ex-bierre, né pentito, né dissociato, né rinsavito” il quale “ha rapinato una banca”. O meglio, ci ha provato. A Siena. Chiosa la Ravera: “Leggo su La Repubblica (e trasecolo) che ha dichiarato: ‘Quei soldi mi servivano per le cure mediche e per il dentista’. D’accordo, una dentiera non si nega a nessuno, e i Bierre ‘storici’ hanno ormai i loro annetti, però…”.
Però cosa? La Ravera la fa facile, dice “una dentiera non si nega a nessuno”. Ma farsi la dentiera all’epoca del centrosinistra è diventato un lusso, una conquista sociale, quasi un obiettivo rivoluzionario. E certo che un pensionato si butta a Destra. Passando dal terzo stato alla terza età, magari anche qualche ex rivoluzionario incanutito finirà col ricordarsi di Berlusconi che un giorno – rivolgendosi agli elettori anziani, con l’aumento delle pensioni minime – lanciò il piano “più dentiere per tutti”.
Non so se in questo episodio ci sia la parabola di una generazione rivoluzionaria che passa dall’assalto al cielo all’assalto al dentista. Magari diventassero realisti. Magari seguissero l’aforisma di Mino Maccari: “O Roma, o Orte”.
D’altronde son passati 80 anni da quando Paul Vaillant-Couturier scriveva che “il comunismo è la giovinezza del mondo”. Anche il comunismo, col succedersi dei decenni, è passato dalla protesta alla proposta e dalla proposta alla prostata. Il comunismo esce dall’estremismo per entrare (di corsa e spesso) al bagno.
Le cronache di questi giorni offrono altri spunti ironici sulla Sinistra. Su internet per esempio si discute del paginone che “Liberazione”, quotidiano di Rc, ha dedicato a pornografia e politica, cosa che segna la fine dell’anatema marxista contro l’industria del porno. Facile ironizzare sul passaggio del comunismo dalle bandiere rosse alle luci rosse.
Ma ha suscitato ironie anche una dichiarazione di Vincenzo Cerami che – su sua richiesta – è stato eletto nell’esecutivo del neonato Partito Democratico. All’intervistatore del Corriere della sera, lo scrittore, che probabilmente sarà il responsabile del settore cultura, ha dichiarato che “un grande da recuperare” è “Gramsci e il suo sentimento della realtà”.
Strepitosa idea. Ma forse Cerami non è stato informato che sciolsero 15 anni fa il Pci per non dirsi più comunisti, poi dal Pds passarono ai Ds, ora tolgono perfino la parola “Sinistra”, chiamandosi solo Democratici, per non far ricordare il passato, quindi, dopo un paio di scissioni a Sinistra, hanno imbarcato gli ex diccì, Tex Willer, la Nutella e hanno provato a ingaggiare addirittura Veronica Berlusconi, tutto per far dimenticare di essere stati comunisti. E nel partito di De Mita, Franco Marini, Gerardo Bianco e Francesco Rutelli, il capo del settore cultura ripropone il fondatore del Partito comunista italiano, Antonio Gramsci?
Ha tutte le ragioni Giorgio Israel di ironizzare, sul “Foglio”, ricordando le parole con cui Veltroni ha presentato questo nuovo esecutivo del Pd: “inizia il cammino di una compagine di donne e uomini innovativa, fresca, aperta e autorevole che avrà il compito di interpretare al meglio la grande forza riformista del Pd”. Questa “fresca e innovativa compagine” ripropone Gramsci. E perché non Bordiga e Bakunin?
Ma la notizia più buffa arriva dall’estero e riguarda Marx in persona. La Repubblica l’ha data così: “Il pensiero di Marx influenzato dal suo prurito”. Riprende uno studio del professore Sam Shuster uscito sul British Journal of Dermatology secondo cui “il senso di alienazione” e il rancore che trasudano dalle sue opere sarebbero dovutti anche al fatto che Marx dal 1860 soffrì di “idroadenite suppurativa” che non gli dette tregua per tutta la lavorazione del “Capitale”.
Foruncoli e pustole gli esplodevano sotto le ascelle, sul collo, nella zona inguinale del pene e nelle natiche provocandogli atroci sofferenze e feroce irascibilità, tanto che in una lettera del 1867 a Engels scriveva: “La borghesia si ricorderà dei miei foruncoli fino al giorno della sua morte”.
In realtà la cosa era già nota da tempo ed è più seria di quanto sembri. Ne aveva scritto Frank E. Manuel in “Requiem per Carlo Marx” (Il Mulino).
Manuel, ricordando la scurrilità di Marx quando parla di ebrei, sostiene che si tratti di una malattia psicosomatica dovuta al ripudio del legame materno e delle proprie radici ebraiche. “Esistono fondati motivi per ipotizzare che l’odio di Marx – che viveva nella costante negazione delle proprie origini – nei confronti di se stesso, quando si rivolgeva all’esterno si trasformasse in una ribellione universale contro l’ordine sociale esistente”.
Le conseguenze teoriche – dalla supervalutazione della lotta di classe, al disprezzo delle questioni nazionali, religiose ed etniche – sono all’origine della tragedia del comunismo. E qui c’è poco da ridere.
Fonte: © Libero - 11 novembre 2007