IL DISPREZZO PER LA CROCE UNISCE ISLAM E OCCIDENTE LAICO
18.02.2006
Mentre scoppia il “caso Calderoli”, loro in Iran (vedi foto) bruciano le croci…
La reazione violenta del mondo islamico alle vignette uscite sul noto giornale danese impazza da settimane e si allarga. Prima si è scatenata contro i loro autori che sono stati addirittura condannati a morte (ieri un religioso pakistano ha offerto 21 mila euro e un’automobile a chiunque li faccia secchi). Contemporaneamente si è scatenata contro tutta la Danimarca (con l’assalto alle ambasciate e il boicottaggio economico), contro vari altri paesi europei, contro Israele (che non c’entra niente), ma alla fine soprattutto contro i cristiani e la Chiesa cosicché un sacerdote cattolico romano, indifeso e innocente, don Andrea Santoro (uomo mite, di dialogo e di pace), è stato massacrato senza alcun motivo in Turchia, a Trebisonda, solo perché “cristiano”. E’ stato il capro espiatorio della rabbia islamica contro alcuni disegnatori satirici danesi. La croce che è stata bruciata ieri in piazza a Teheranaz, durante una manifestazione (ovviamente là non si manifesta se non c’è l’input o l’ok del regime), è un fatto da non sottovalutare. Innanzitutto perché documenta ancora una volta un odio inestinguibile e del tutto immotivato verso i cristiani. Un odio che da decenni rende la vita impossibile ai cristiani di quei Paesi, perseguitati in ogni modo. Un odio che non c’entra niente con le vignette perché la Chiesa ha ripetuto mille volte – anche dopo l’assassinio di don Andrea - che deprecava quei disegni e che tutte le religioni devono essere rispettate (oltretutto la Chiesa per prima è vittima della satira più volgare e blasfema in Occidente… come nel mondo islamico). Ma l’oltraggio a quella croce è grave soprattutto perché dimostra che i regimi musulmani pretendono pubblicamente di poter fare agli altri ciò che loro non accetterebbero mai di subire (se – per capirsi – in occidente, in una manifestazione ufficiale, venisse bruciata una copia del Corano, si scatenerebbe il finimondo). Oltretutto hanno detto di averlo fatto per opporsi “alla crociata avviata dei sionisti contro l’Islam”. Una bella confusione mentale in cui prosperano il fanatismo e la violenza. Ma non si deve credere poi che questo oltraggio contro il più sacro simbolo dei cristiani sia un “episodio isolato”. Storicamente gli “episodi isolati” si ripetono da 14 secoli e puntano a cancellare dalla faccia della terra anche solo il ricordo di quella Croce. Per l’Islam è una bestemmia che Dio si sia fatto uomo, ma ancor più che si sia lasciato crocifiggere come uno schiavo, dileggiare e torturare. Gesù nel Vangelo comanda di amare i nemici fino a dare la vita per loro, mentre il Corano prescrive di sterminarli. L’Islam ha sempre preteso di spazzare via la Croce che è il cuore del cristianesimo. Spazzarla via fisicamente. Nel 1009 il califfo al-Hakim, conquistata Gerusalemme, demolisce la basilica costantiniana eretta sul Golgota e – per far sparire ogni traccia degli eventi di Gesù – fa distruggere sia la roccia del Calvario che quella del sepolcro. Dopo che i cristiani riuscirono a liberare i luoghi santi, il sultano Saladino (1138-1193) tornò alla conquista di Gerusalemme e il 4 luglio 1187 sconfisse i cristiani riuscendo a “catturare” la Croce che essi portavano sempre in battaglia. Da allora è stata perduta per sempre. L’accanimento musulmano poi si è scatenato su coloro che portavano addosso la croce. Tuttora in Arabia Saudita – dove non è consentita la costruzione di nessuna chiesa – è proibito portare al collo la croce. Durante la “guerra del golfo” pretesero che la Croce rossa nascondesse la sua insegna. Tempo fa The Observer raccontò la storia emblematica di una giovane ragazza egiziana, Maria, cristiana. In Egitto i cristiani sono circa 6 milioni, si chiamano “copti” perché sono i discendenti degli antichi egiziani. Dopo l’invasione islamica hanno resistito, ma sono sottoposti a ogni vessazione. Dunque la diciottenne Maria si trovava in casa di amici, a una festa di compleanno, quando fu sequestrata da fanatici di un’organizzazione islamica. La stuprarono e la tennero sequestrata per mesi, convertendola a forza all’Islam, finché non riuscì a scappare. Si è dovuta poi nascondere perché – tornando al cristianesimo – è ritenuta “apostata” e quindi è in pericolo di vita. Le autorità non combattono questo fenomeno criminale di rapimenti e conversioni forzate che riguarda migliaia di casi. Maria – scriveva il giornale inglese – porterà sempre un segno evidente della sua brutta storia: delle orrende cicatrici al polso, perché la ragazza si era tatuata sul polso una croce, come segno della sua fede, e i suoi rapitori hanno brutalmente cancellato quel simbolo con l’acido solforico. Un caso emblematico come quello di Giuseppe, cristiano sudanese la cui triste storia è stata denunciata due anni fa dalla Lega italiana dei diritti dell’uomo. Catturato dai predoni musulmani del Nord nel suo villaggio a sette anni, fu venduto come schiavo (come migliaia di donne e bambini cristiani) a un padrone musulmano il quale un giorno, irritato, l’ha torturato e crocifisso a un tavolaccio di legno. Al di là di questi casi estremi, che ovviamente non si possono imputare genericamente agli islamici, ma solo ai singoli, va detto che in Occidente l’ostilità contro il simbolo del Crocifisso viene più da certe ideologie nostrane che dalle minoranze islamiche. Con l’eccezione in Italia del presidente dell’Unione musulmani d’Italia, Adel Smith che da anni si batte nelle sedi legali per togliere dai luoghi pubblici il crocifisso (la sua polemica a “Porta a porta” infiammò gli animi). In questi giorni il Consiglio di Stato ha respinto un analogo ricorso di una cittadina finlandese sostenendo che qua in Occidente il Crocifisso non è solo un segno di fede, ma anche un simbolo di valori civili e di laicità. L’80 per cento degli italiani – secondo il recente sondaggio dell’Eurispes – vuole il crocifisso nelle aule scolastiche e negli altri luoghi pubblici e forse proprio lo scontro di civiltà in corso ha indotto la gran parte della popolazione, anche quella laica, a identificarsi con quel simbolo. Ma alcuni esponenti della sinistra italiana anche ieri hanno attaccato la sentenza del Consiglio di Stato. In realtà c’è tutto un filone di pensiero anticristiano che ha sviluppato una veemente polemica contro il crocifisso. Nell’ “Anticristo” di Friedrich Nietzsche si legge: “Dio in croce: si continua ancora a non comprendere lo spaventoso mondo di pensieri nascosto in questo simbolo? Tutto quanto soffre, tutto quanto è appeso alla croce, è divino… Noi tutti siamo appesi alla croce, quindi noi siamo divini”. Nietzsche aveva capito ciò che era entrato nel mondo con Gesù: la pietà per la vittima, la pietà per ogni essere umano sofferente. Ed è questa – secondo il filosofo René Girard – la vera cultura che oggi – tramite l’occidente ignaro e spesso autolesionista - sta globalizzando il mondo. La cultura a cui il mondo islamico si oppone ferocemente.
Fonte: AntonioSocci.it
18.02.2006
Mentre scoppia il “caso Calderoli”, loro in Iran (vedi foto) bruciano le croci…
La reazione violenta del mondo islamico alle vignette uscite sul noto giornale danese impazza da settimane e si allarga. Prima si è scatenata contro i loro autori che sono stati addirittura condannati a morte (ieri un religioso pakistano ha offerto 21 mila euro e un’automobile a chiunque li faccia secchi). Contemporaneamente si è scatenata contro tutta la Danimarca (con l’assalto alle ambasciate e il boicottaggio economico), contro vari altri paesi europei, contro Israele (che non c’entra niente), ma alla fine soprattutto contro i cristiani e la Chiesa cosicché un sacerdote cattolico romano, indifeso e innocente, don Andrea Santoro (uomo mite, di dialogo e di pace), è stato massacrato senza alcun motivo in Turchia, a Trebisonda, solo perché “cristiano”. E’ stato il capro espiatorio della rabbia islamica contro alcuni disegnatori satirici danesi. La croce che è stata bruciata ieri in piazza a Teheranaz, durante una manifestazione (ovviamente là non si manifesta se non c’è l’input o l’ok del regime), è un fatto da non sottovalutare. Innanzitutto perché documenta ancora una volta un odio inestinguibile e del tutto immotivato verso i cristiani. Un odio che da decenni rende la vita impossibile ai cristiani di quei Paesi, perseguitati in ogni modo. Un odio che non c’entra niente con le vignette perché la Chiesa ha ripetuto mille volte – anche dopo l’assassinio di don Andrea - che deprecava quei disegni e che tutte le religioni devono essere rispettate (oltretutto la Chiesa per prima è vittima della satira più volgare e blasfema in Occidente… come nel mondo islamico). Ma l’oltraggio a quella croce è grave soprattutto perché dimostra che i regimi musulmani pretendono pubblicamente di poter fare agli altri ciò che loro non accetterebbero mai di subire (se – per capirsi – in occidente, in una manifestazione ufficiale, venisse bruciata una copia del Corano, si scatenerebbe il finimondo). Oltretutto hanno detto di averlo fatto per opporsi “alla crociata avviata dei sionisti contro l’Islam”. Una bella confusione mentale in cui prosperano il fanatismo e la violenza. Ma non si deve credere poi che questo oltraggio contro il più sacro simbolo dei cristiani sia un “episodio isolato”. Storicamente gli “episodi isolati” si ripetono da 14 secoli e puntano a cancellare dalla faccia della terra anche solo il ricordo di quella Croce. Per l’Islam è una bestemmia che Dio si sia fatto uomo, ma ancor più che si sia lasciato crocifiggere come uno schiavo, dileggiare e torturare. Gesù nel Vangelo comanda di amare i nemici fino a dare la vita per loro, mentre il Corano prescrive di sterminarli. L’Islam ha sempre preteso di spazzare via la Croce che è il cuore del cristianesimo. Spazzarla via fisicamente. Nel 1009 il califfo al-Hakim, conquistata Gerusalemme, demolisce la basilica costantiniana eretta sul Golgota e – per far sparire ogni traccia degli eventi di Gesù – fa distruggere sia la roccia del Calvario che quella del sepolcro. Dopo che i cristiani riuscirono a liberare i luoghi santi, il sultano Saladino (1138-1193) tornò alla conquista di Gerusalemme e il 4 luglio 1187 sconfisse i cristiani riuscendo a “catturare” la Croce che essi portavano sempre in battaglia. Da allora è stata perduta per sempre. L’accanimento musulmano poi si è scatenato su coloro che portavano addosso la croce. Tuttora in Arabia Saudita – dove non è consentita la costruzione di nessuna chiesa – è proibito portare al collo la croce. Durante la “guerra del golfo” pretesero che la Croce rossa nascondesse la sua insegna. Tempo fa The Observer raccontò la storia emblematica di una giovane ragazza egiziana, Maria, cristiana. In Egitto i cristiani sono circa 6 milioni, si chiamano “copti” perché sono i discendenti degli antichi egiziani. Dopo l’invasione islamica hanno resistito, ma sono sottoposti a ogni vessazione. Dunque la diciottenne Maria si trovava in casa di amici, a una festa di compleanno, quando fu sequestrata da fanatici di un’organizzazione islamica. La stuprarono e la tennero sequestrata per mesi, convertendola a forza all’Islam, finché non riuscì a scappare. Si è dovuta poi nascondere perché – tornando al cristianesimo – è ritenuta “apostata” e quindi è in pericolo di vita. Le autorità non combattono questo fenomeno criminale di rapimenti e conversioni forzate che riguarda migliaia di casi. Maria – scriveva il giornale inglese – porterà sempre un segno evidente della sua brutta storia: delle orrende cicatrici al polso, perché la ragazza si era tatuata sul polso una croce, come segno della sua fede, e i suoi rapitori hanno brutalmente cancellato quel simbolo con l’acido solforico. Un caso emblematico come quello di Giuseppe, cristiano sudanese la cui triste storia è stata denunciata due anni fa dalla Lega italiana dei diritti dell’uomo. Catturato dai predoni musulmani del Nord nel suo villaggio a sette anni, fu venduto come schiavo (come migliaia di donne e bambini cristiani) a un padrone musulmano il quale un giorno, irritato, l’ha torturato e crocifisso a un tavolaccio di legno. Al di là di questi casi estremi, che ovviamente non si possono imputare genericamente agli islamici, ma solo ai singoli, va detto che in Occidente l’ostilità contro il simbolo del Crocifisso viene più da certe ideologie nostrane che dalle minoranze islamiche. Con l’eccezione in Italia del presidente dell’Unione musulmani d’Italia, Adel Smith che da anni si batte nelle sedi legali per togliere dai luoghi pubblici il crocifisso (la sua polemica a “Porta a porta” infiammò gli animi). In questi giorni il Consiglio di Stato ha respinto un analogo ricorso di una cittadina finlandese sostenendo che qua in Occidente il Crocifisso non è solo un segno di fede, ma anche un simbolo di valori civili e di laicità. L’80 per cento degli italiani – secondo il recente sondaggio dell’Eurispes – vuole il crocifisso nelle aule scolastiche e negli altri luoghi pubblici e forse proprio lo scontro di civiltà in corso ha indotto la gran parte della popolazione, anche quella laica, a identificarsi con quel simbolo. Ma alcuni esponenti della sinistra italiana anche ieri hanno attaccato la sentenza del Consiglio di Stato. In realtà c’è tutto un filone di pensiero anticristiano che ha sviluppato una veemente polemica contro il crocifisso. Nell’ “Anticristo” di Friedrich Nietzsche si legge: “Dio in croce: si continua ancora a non comprendere lo spaventoso mondo di pensieri nascosto in questo simbolo? Tutto quanto soffre, tutto quanto è appeso alla croce, è divino… Noi tutti siamo appesi alla croce, quindi noi siamo divini”. Nietzsche aveva capito ciò che era entrato nel mondo con Gesù: la pietà per la vittima, la pietà per ogni essere umano sofferente. Ed è questa – secondo il filosofo René Girard – la vera cultura che oggi – tramite l’occidente ignaro e spesso autolesionista - sta globalizzando il mondo. La cultura a cui il mondo islamico si oppone ferocemente.
Fonte: AntonioSocci.it