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Si andrà pure avanti, ma quest'unione ha un problema con i popoli

SI ANDRÀ PURE AVANTI, MA...

QUEST'UNIONE HA UN PROBLEMA CON I POPOLI

di VITTORIO E. PARSI
Avvenire, editoriale, 14-6-2008

Murphy è un cognome piuttosto dif­fuso nella verde Irlanda. A mano a
mano che la scadenza referendaria ir­landese si avvicinava cresceva
l'appren­sione tra gli osservatori europei circa il suo possibile
esito negativo. E, in osse­quio alla legge di Murphy (se qualcosa può
andar male, allora andrà male), gli elettori irlandesi, circa l'un
per cento del­la popolazione dell'Unione, han boccia­to il Trattato
costituzionale.

Ora, e giu­stamente, da un certo punto di vista, si cerca di correre
ai ripari, a partire dal pre­sidente della Commissione, Manuel
Barroso, sostenendo che la bocciatura rap­presenta un pessimo segnale
ma non blocca il processo di ratifica da parte de­gli altri ventisei
Paesi dell'Unione.
Il che è comprensibile politicamente, ma è e­sattamente l'opposto di
quanto veniva sostenuto dagli stessi personaggi solo po­chi giorni or
sono, quando sottolineava­no come fosse cruciale l'esito di quello
stesso voto che oggi minimizzano.

'L'U­nione c'è': questo è il ragionamento in estrema sintesi, e deve
pur essere in qual­che modo governata, se non si vuole che il
meccanismo si inceppi, aprendo sce­nari che definire sciagurati non
sarebbe per nulla eccessivo.
Ragionamento am­piamente condivisibile, tanto più nella facile
previsione che il collasso dell'U­nione potrebbe significare sotto
molti punti di vista il tracollo dell'Europa.

E però quel che colpisce è una sorta di ir­ritazione nei confronti del
voto popola­re, cioè della manifestazione più diretta e cristallina
della volontà di chi solo è de­tentore della sovranità nelle
democrazie: il popolo, appunto.
Siamo, com'è ovvio, favorevoli alla prospettiva che vengano
individuati i possibili rimedi tecnico-le­gali affinché la bocciatura
irlandese non si trasformi nella Waterloo dell'Unione, ma vorremmo
anche che questo ennesi­mo segnale non finisse per essere igno­rato,
solo perché burocrati, avvocati e tec­nocrati di varia specie saranno
stati ca­paci di trovare 'l'inganno' con cui aggi­rare 'la legge'.

Il segnale politico forte che si ricava dal referendum irlandese è
che, pratica­mente ogni volta che in questo o quel Paese è
interpellato, il popolo vota con­tro l'Unione.
Successe così in Francia e Olanda in occasione del referendum di
ratifica dell'ambiziosa Costituzione.
È successo ora con il ben più modesto Trat­tato. Neppure questa pezza
ha convinto gli Irlandesi, che pur dall'Europa han ri­cevuto tanto, e
ben lo sanno, visto che as­sai bene lo hanno anche speso per il lo­ro
progresso. Sono forse ingrati gli irlan­desi, o magari un
po' 'bifolchi', come e­rano 'protestatari' i francesi e troppo 'e­
goisti' gli olandesi?

No, il punto è un al­tro. Ed è precisamente che in questi an­ni, il
progressivo scivolamento di auto­rità e competenza verso Bruxelles ha
si­gnificato un oggettivo spossessamento di sovranità non degli Stati
europei (i cui responsabili han fatto subito quadrato intorno a
Barroso), ma dei popoli euro­pei.
Il cittadino europeo sa infatti che col suo voto può mandare a casa i
suoi go­vernanti nazionali, ma che nulla può fa­re davvero per
tutelarsi dalle decisioni che la tecnocrazia politico-burocratica­
giudiziaria dell'Unione assume quoti­dianamente, al riparo di una
sostanziale irresponsabilità politica.

Qual è il posto del popolo sovrano nella costruzione della
postmoderna Unione?
Dove sono i meccanismi attraverso i qua­li i governanti siano
efficacemente fatti responsabili innanzitutto verso i gover­nati?

Ai nostri occhi si presenta una co­struzione che sembra sempre più
aller­gica alla presenza dell'elemento politico insostituibile per la
legittimità di qual­siasi costruzione democratica: il popolo con la
sua sovranità. E il popolo non per­de occasione per ribellarsi
all'Europa dei bramini e dei grand comìs, di ribadire che non gli sta
bene di essere in qualche mo­do governato e di ricordarci che
il 'governo della legge' senza il corollario ne­cessario
della 'legittimazione attraverso il consenso del popolo' è cosa ben
di­versa dalla democrazia liberale.

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