31.10.2007
Ciao a tutti,
a quelli del Corriere non piace il nome Pio. Troppo corto, troppo religioso, poco chic, gli suona male, chissà, vacci a capire perchè, ma quelli che si chiamano Pio proprio al Corriere non li reggono.
Hanno cominciato con Pio XII, erano i primi giorni del gennaio 2005, se non erro, l'inizio della seconda era Mieli (culminata nel supporto ai quattro si del referendum sulla legge 40) e secondo loro il malcapitato non voleva restituire i bambini ebrei ai legittimi genitori, finita la seconda guerra mondiale, se per caso fossero stati battezzati.
Ne venne fuori un putiferio, lo scoop di Alberto Melloni - fu lui a tirare fuori la polemica - divenne un boomerang perchè Andrea Tornielli, su Il Giornale, pubblicò il documento scovato da Melloni, dimostrando che non era stato citato per intero: le cose non stavano esattamente come aveva detto Melloni.
Da qualche tempo ci riprovano con Padre Pio: stavolta l'occasione è un libro di Sergio Luzzatto sul santo, un testo che Messori dice essere ben documentato. Io non l'ho letto, ma sul Corriere sono state riportate le testimonianze che suggerirebbero come Padre Pio si sia procurato le stimmate, e cioè con medicamenti acquistati per interposta persona in farmacia. In un intervento successivo Luzzato riporta perfidamente lettere piene di insulti che gli sono arrivate, insieme a una lettera molto sgrammaticata, sgrammaticata, commentata affettuosamente, e riportata con tutti gli errori, a evidente dimostrazione di quanto sono ignoranti quelli che a padre Pio ci credono.
"Padre Pio un immenso inganno", titola coerentemente il Corriere, che di queste non se ne fa scappare una.
La verità è che si tratta di accuse vecchie e stantìe, come spiega Antonio Socci.
In futuro, chissà, se la prenderanno con Pio Manzù, o Pio la Torre, Pio Tarantini, o magari faranno pelo e contropelo a tutti gli altri Papi Pio: ne sono undici, da scrivere non mancherà.
Altra grande, grandissima novità, è quella rivelata da Veltroni: in Cambogia c'è stato un massacro. I comunisti hanno massacrato milioni di persone, e i crimini del dittatore Pol Pot sono paragonabili a quelli di Auschwitz.
A dire la verità, ho proprio qua davanti un libro a firma Piero Gheddo e Giacomo Girardi, intitolato "Vietnam Cambogia - non stiamo a guardare", del 1979, in cui gli autori spiegavano che da quelle parti una meraviglia proprio non era. Per la Cambogia, per esempio, si parlava di "esodo totale del popolo dalle città" e di "esecuzioni di massa" (sono titoli di due paragrafi del capitolo "Cambogia atto primo: il maoismo integrale"). Roba scritta quasi 29 anni fa.
Veltroni ci arriva adesso: ognuno con i suoi tempi, si sa, chi ci arriva prima, chi dopo, chi mai...signora-mia-si-fa-quel-che-si-può.
E oggi, che leggiamo come editoriale sul corrierone? L'elogio di Veltroni, che secondo Pierluigi Battista "rompe il tabù dell'inconfrontabilità del nazismo e comunismo e si libera dei compromessi di una memoria selettiva, accomodante, autoconsolatoria e perciò autoassolutoria".
Un precursore, insomma.
"lo ha fatto sfidando un'interdizione, un veto politico e culturale ancora funzionante a vent'anni dallo sfaldamento comunista, e malgrado le intimazioni al silenzio di chi continua ad anatemizzare il paragone tra nazismo e comunismo come il frutto di una molesta "nevrosi comparativa"".
Un cuor di leone. Siamo sinceramente commossi da tanto coraggio. Abbiamo le lacrime agli occhi. Ma non finisce qui: l'editorialista, nonchè vicedirettore del Corriere, come ti rincara la dose? Così, con questa perla:
"Troppo facile prendersela con Pol Pot? I puristi incontentabili avrebbero forse preferito un accenno alle dimensioni apocalittiche del massacro maoista della "rivoluzione culturale" o una citazione più esplicita del Gulag sovietico, la cui tragedia echeggia nelle pagine di "L'URSS di Lenin e Stalin", il nuovo libro di uno storico non lontano dall'itinerario politico di Veltroni, Andrea Graziosi [...]. Ma resta la sostanza di una prima volta, il coraggio di un'equiparazione morale che è ancora sottoposta ai rigori di un divieto perentorio. La menzione di Pol Pot rappresenta piuttosto la strada obbligata per imporre un tema che ancora nessun dirigente cresciuto alla scuola del Pci aveva osato affrontare con tanta radicalità di giudizio. Come se la liquidazione definitiva dell'ultimo tabù, attuata con la necessaria sapienza retorica nella scelta delle citazioni e dei riferimenti storici, fosse il segno di un congedo doloroso ma irrevocabile il passato e la condizione di un "nuovo inizio" che abbia, finalmente, il sapore della sincerità e dell'autenticità".
Ma, dico io, siamo matti? "Puristi incontentabili" quelli che vorrebbero almeno ricordare settant'anni di massacri e di gulag? Un "congedo doloroso" da che? Dalla più lunga dittatura che ha ammorbato il pianeta nel secolo scorso?
Invece di chiedersi cosa possiamo aspettarci di buono da gente che dopo decenni ancora gira la faccia dall'altra parte quando vede le montagne di teschi dei massacri comunisti, dovremmo riconoscere riconoscere il "coraggio" di chi guarda per la prima volta? Ma "coraggio" di che?
Brevemente, segnalo alcuni articoli.
Polemiche a non finire al Comitato Nazionale di Bioetica. Per capirci qualcosa, potete leggere Francesco D'Agostino, su l'Occidentale.
e una mia lettera al Foglio.
Altre polemiche sulla questione aborto, pillola del giorno dopo e obiezione di coscienza, dopo l'intervento del Papa al congresso internazionale dei farmacisti cattolici. Di nuovo Francesco D'Agostino, stavolta su Avvenire.
Si riparla di aborto a livello internazionale. In Gran Bretagna vogliono renderlo più accessibile, e anche in Francia, mentre in Cina cominciano a preoccuparsi perchè nel 2006 hanno battuto il record di dieci milioni di aborti.
E intanto in Italia pare che stia arrivando la Ru486, la "kill pill" o la "horror pill", come la chiamano negli Usa e in Gran Bretagna, rispettivamente. Vedremo che succederà. Per ora fa il punto della situazione Eugenia Roccella su Avvenire.
Buona giornata
Assuntina Morresi
Ciao a tutti,
a quelli del Corriere non piace il nome Pio. Troppo corto, troppo religioso, poco chic, gli suona male, chissà, vacci a capire perchè, ma quelli che si chiamano Pio proprio al Corriere non li reggono.
Hanno cominciato con Pio XII, erano i primi giorni del gennaio 2005, se non erro, l'inizio della seconda era Mieli (culminata nel supporto ai quattro si del referendum sulla legge 40) e secondo loro il malcapitato non voleva restituire i bambini ebrei ai legittimi genitori, finita la seconda guerra mondiale, se per caso fossero stati battezzati.
Ne venne fuori un putiferio, lo scoop di Alberto Melloni - fu lui a tirare fuori la polemica - divenne un boomerang perchè Andrea Tornielli, su Il Giornale, pubblicò il documento scovato da Melloni, dimostrando che non era stato citato per intero: le cose non stavano esattamente come aveva detto Melloni.
Da qualche tempo ci riprovano con Padre Pio: stavolta l'occasione è un libro di Sergio Luzzatto sul santo, un testo che Messori dice essere ben documentato. Io non l'ho letto, ma sul Corriere sono state riportate le testimonianze che suggerirebbero come Padre Pio si sia procurato le stimmate, e cioè con medicamenti acquistati per interposta persona in farmacia. In un intervento successivo Luzzato riporta perfidamente lettere piene di insulti che gli sono arrivate, insieme a una lettera molto sgrammaticata, sgrammaticata, commentata affettuosamente, e riportata con tutti gli errori, a evidente dimostrazione di quanto sono ignoranti quelli che a padre Pio ci credono.
"Padre Pio un immenso inganno", titola coerentemente il Corriere, che di queste non se ne fa scappare una.
La verità è che si tratta di accuse vecchie e stantìe, come spiega Antonio Socci.
In futuro, chissà, se la prenderanno con Pio Manzù, o Pio la Torre, Pio Tarantini, o magari faranno pelo e contropelo a tutti gli altri Papi Pio: ne sono undici, da scrivere non mancherà.
Altra grande, grandissima novità, è quella rivelata da Veltroni: in Cambogia c'è stato un massacro. I comunisti hanno massacrato milioni di persone, e i crimini del dittatore Pol Pot sono paragonabili a quelli di Auschwitz.
A dire la verità, ho proprio qua davanti un libro a firma Piero Gheddo e Giacomo Girardi, intitolato "Vietnam Cambogia - non stiamo a guardare", del 1979, in cui gli autori spiegavano che da quelle parti una meraviglia proprio non era. Per la Cambogia, per esempio, si parlava di "esodo totale del popolo dalle città" e di "esecuzioni di massa" (sono titoli di due paragrafi del capitolo "Cambogia atto primo: il maoismo integrale"). Roba scritta quasi 29 anni fa.
Veltroni ci arriva adesso: ognuno con i suoi tempi, si sa, chi ci arriva prima, chi dopo, chi mai...signora-mia-si-fa-quel-che-si-può.
E oggi, che leggiamo come editoriale sul corrierone? L'elogio di Veltroni, che secondo Pierluigi Battista "rompe il tabù dell'inconfrontabilità del nazismo e comunismo e si libera dei compromessi di una memoria selettiva, accomodante, autoconsolatoria e perciò autoassolutoria".
Un precursore, insomma.
"lo ha fatto sfidando un'interdizione, un veto politico e culturale ancora funzionante a vent'anni dallo sfaldamento comunista, e malgrado le intimazioni al silenzio di chi continua ad anatemizzare il paragone tra nazismo e comunismo come il frutto di una molesta "nevrosi comparativa"".
Un cuor di leone. Siamo sinceramente commossi da tanto coraggio. Abbiamo le lacrime agli occhi. Ma non finisce qui: l'editorialista, nonchè vicedirettore del Corriere, come ti rincara la dose? Così, con questa perla:
"Troppo facile prendersela con Pol Pot? I puristi incontentabili avrebbero forse preferito un accenno alle dimensioni apocalittiche del massacro maoista della "rivoluzione culturale" o una citazione più esplicita del Gulag sovietico, la cui tragedia echeggia nelle pagine di "L'URSS di Lenin e Stalin", il nuovo libro di uno storico non lontano dall'itinerario politico di Veltroni, Andrea Graziosi [...]. Ma resta la sostanza di una prima volta, il coraggio di un'equiparazione morale che è ancora sottoposta ai rigori di un divieto perentorio. La menzione di Pol Pot rappresenta piuttosto la strada obbligata per imporre un tema che ancora nessun dirigente cresciuto alla scuola del Pci aveva osato affrontare con tanta radicalità di giudizio. Come se la liquidazione definitiva dell'ultimo tabù, attuata con la necessaria sapienza retorica nella scelta delle citazioni e dei riferimenti storici, fosse il segno di un congedo doloroso ma irrevocabile il passato e la condizione di un "nuovo inizio" che abbia, finalmente, il sapore della sincerità e dell'autenticità".
Ma, dico io, siamo matti? "Puristi incontentabili" quelli che vorrebbero almeno ricordare settant'anni di massacri e di gulag? Un "congedo doloroso" da che? Dalla più lunga dittatura che ha ammorbato il pianeta nel secolo scorso?
Invece di chiedersi cosa possiamo aspettarci di buono da gente che dopo decenni ancora gira la faccia dall'altra parte quando vede le montagne di teschi dei massacri comunisti, dovremmo riconoscere riconoscere il "coraggio" di chi guarda per la prima volta? Ma "coraggio" di che?
Brevemente, segnalo alcuni articoli.
Polemiche a non finire al Comitato Nazionale di Bioetica. Per capirci qualcosa, potete leggere Francesco D'Agostino, su l'Occidentale.
e una mia lettera al Foglio.
Altre polemiche sulla questione aborto, pillola del giorno dopo e obiezione di coscienza, dopo l'intervento del Papa al congresso internazionale dei farmacisti cattolici. Di nuovo Francesco D'Agostino, stavolta su Avvenire.
Si riparla di aborto a livello internazionale. In Gran Bretagna vogliono renderlo più accessibile, e anche in Francia, mentre in Cina cominciano a preoccuparsi perchè nel 2006 hanno battuto il record di dieci milioni di aborti.
E intanto in Italia pare che stia arrivando la Ru486, la "kill pill" o la "horror pill", come la chiamano negli Usa e in Gran Bretagna, rispettivamente. Vedremo che succederà. Per ora fa il punto della situazione Eugenia Roccella su Avvenire.
Buona giornata
Assuntina Morresi