Nella dignità umana il mastice dell’Europa
Società - lun 21 ago
Rassegna stampa
Civiltà )( Barbarie TRA FEDE E RAGIONE / 4
Parla lo storico Bronislaw Geremek • «Punto d’incontro tra filosofia e religione è l’attenzione alla centralità della persona, base sia dell’idea biblica di un uomo creato a immagine di Dio, sia dell’umanesimo laico, rinascimentale e illuminista» • «Impossibile comprendere la nostra identità senza riconoscere il ruolo del pensiero cristiano nella sua formazione Ma accanto a questo vi sono anche altri fondamenti: uno è il pluralismo (di idee, di credi, di tradizioni e di lingue), radice culturale del Vecchio continente»
di Pierangelo Giovanetti
Tratto da Avvenire del 21 luglio 2006
Nei suoi occhi porta il dramma delle due grandi tragedie del secolo, che hanno travolto l’Europa e segnato nel profondo l’umanità: il nazismo e il comunismo. Era solo un bambino quando, cresciuto nel ghetto di Varsavia, vide suo padre morire ad Auschwitz, con il distintivo della Croce rossa polacca al braccio, per la sola colpa di aver aiutato gli ebrei a salvarsi. Già affermato professore di storia medievale conobbe poi il carcere, quando il regime militare comunista del generale Jaruzelski nel dicembre 1981 decretò la legge marziale arrestando migliaia di intellettuali ed oppositori politici. «Non dimenticherò mai la condizione di carcerato, la sensazione di sentirmi totalmente senza diritti e senza poteri, alla mercede assoluta dei carcerieri», esclama, ripercorrendo quei giorni nella memoria. «Da allora mi sono sempre battuto a favore dei carcerati, perché la loro dignità umana non venga mai calpestata».
Intellettuale di spicco della Polonia prima e dopo il crollo del Muro di Berlino, storico insigne con prestigiosi riconoscimenti internazionali, negli anni di Solidarnosc Bronislaw Geremek passò all’impegno politico diretto, prima come consigliere di Lech Walesa, poi come portavoce del movimento. Dopo il crollo del comunismo fu eletto deputato nel Parlamento polacco, e dal 1997 al 2000 è stato ministro degli Esteri. «Il posto dell’intellettuale non è in politica», spiega. «Ma talvolta, in situazioni eccezionali, viene richiesto un coinvolgimento diretto. Non per realizzare in politica un programma filosofico, ma semplicemente perché in quel momento storico il dovere di servire il proprio Paese e i valori in cui si crede esige di scendere in campo».
Professor Geremek, il ritorno della religione sulla scena pubblica oggi in Europa ripropone la questione: come conciliare laicità dello Stato e credo religioso, radici cristiane e pluralismo di fedi?
«Il tentativo di espellere la religione dalla vita pubblica, che ha contrassegnato la storia moderna dell’Europa, è naufragato di fronte alla consapevolezza maturata che la sopravvivenza dell’uomo del XXI secolo è legata al ruolo della religione. Oggi il riferimento a valori etici e religiosi ha assunto un’importanza centrale per la stessa politica. Questo riscoperto ruolo pubblico della religione, però, richiede di essere ripensato di fronte al nuovo contesto pluralistico, multiculturale e multireligioso dell’Europa di oggi. È necessario che ogni religione si apra alle altre, non assolutizzando il proprio credo e la propria fede, ma imparando a convivere ed ad esprimersi insieme alle altre».
Il pensiero cristiano ha improntato di sé l’identità europea.Come è possibile mantenere la fedeltà a queste radici,e nello stesso tempo dare cittadinanza piena alle altre religioni?
«Non si può comprendere l’identità dell’Europa se non si riconosce il ruolo che il pensiero cristiano ha avuto nella sua formazione. Voltaire stesso era solito ripetere che l’Europa è cristiana. Se quindi l’Europa vuole conoscere se stessa, comprendere la propria identità, non può ignorare le proprie radici cristiane. Ma accanto a queste vi sono altre radici. E proprio il pluralismo (di idee, di posizioni religiose, di lingue e tradizioni) è un’altra delle radici della cultura europea. Se penso all’antica res publica polacca vedo una prefigurazione della comunità europea di oggi: nel suo paesaggio c’era la Chiesa cattolica latina e quella greco-cattolica, il tempio ortodosso, la sinagoga ebraica, la moschea della comunità tartara. L’Europa non può che essere pluralista, consapevole di quanto, nella trasmissione della cultura, essa sia debitrice ai greci e ai romani, agli arabi e agli ebrei, imparando dalla sua stessa esperienza la forza della tolleranza e la povertà delle ideologie chiuse e totalitarie».
Laicità dello Stato e religione sono per forza conflittuali tra loro?
«Il duplice radicamento dell’antropocentrismo europeo consente di superare il conflitto tra religione e laicità. La civiltà europea assegna infatti all’essere umano particolare collocazione. Questa centralità della persona umana la troviamo sia nell’idea cristiana dell’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio, sia nel concetto della filosofia umanistica rinascimentale, sia nell’umanesimo illuminista. Religione e ragione hanno contribuito entrambe allo sviluppo del concetto di dignità dell’uomo. Laicità e credo religioso non sono quindi in contrapposizione, ma proprio attorno all’idea del rispetto dei diritti umani e della centralità della persona trovano il loro terreno d’incontro».
Ma gli europei sono consapevoli del ruolo che la religione ha nella loro storia e nella loro identità, o sono ormai troppo secolarizzati?
«Paul Ricoeur parlava di "lavoro sulla memoria". Occorre far riflettere gli europei sul modo in cui ci siamo trovati insieme, sul perché rimaniamo insieme, e su che cosa vogliamo fare insieme. È anche il modo affinché gli interessi nazionali non prevalgano su quelli comuni europei. Pur con tutti i suoi limiti e la vistosa quanto insensata esclusione del riferimento alle radici cristiane nel preambolo, la Costituzione europea costituisce un importante riconoscimento del ruolo che la religione ha nell’Europa di oggi. Si parla infatti di necessità di dialogo fra autorità pubbliche e comunità religiose. Non c’è quindi solo l’affermazione della libertà religiosa o della manifestazione della propria fede, ma un vero e proprio obbligo specifico in capo agli stati e alle comunità di tener conto della religione e delle Chiese».
Quali limiti vi sono per lo Stato, e quali per la Chiesa?
«Per una coesistenza pacifica e carica di frutti positivi fra Stato e Chiesa, occorre s’instauri una "separazione amichevole". Vuole dire che nell’interesse d’entrambi, vi deve essere una proficua collaborazione. Questo con dei precisi limiti per entrambi. La Chiesa non deve intervenire direttamente nella vita pubblica, non deve dare indicazioni di voto. E così lo Stato non deve intervenire nella vita interna, spirituale, dei cittadini, ma ha il dovere di preservare la libertà di fede. Se queste condizioni vengono rispettate, lo Stato ha l’incredibile opportunità di vedere crescere l’ethos della società, i riferimenti morali nella vita pubblica. Condizione fondamentale per la sua sopravvivenza ».
Negli ultimi tempi in Europa si sono registrati frequenti episodi di intolleranza religiosa, sia verso i cristiani che verso gli ebrei e i musulmani. Spesso anche degli uni verso gli altri.C’è il rischio che riaffiorino integralismo e fondamentalismo nella terra di Erasmo?
«Fenomeni d’intolleranza religiosa vanno sempre fermati e denunciati, senza sottovalutazioni. La tentazione del fondamentalismo intollerante delle differenze può attecchire sul terreno di tutte le religioni. Bisogna che siano le religione stesse ad opporsi a tali tentazioni. Quanto all’Europa, per sua natura si fonda sui principi di pluralismo, società aperta, coesistenza di diverse religioni dentro la stessa comunità. Se viene meno su questo, viene meno a se stessa. Se riaffiora lo scontro religioso fra integralismi, l’Europa non sarà più comunità, e non sarà più in grado di giocare un ruolo nel mondo».
Di fronte a questo continente in cerca di se stesso, qual è il ruolo dell’intellettuale?
«Quello di servire il proprio Paese e i valori in cui crede, come coscienza critica e come voce che parla forte, fuori dai poteri e a volte contro i poteri. Spesso gli intellettuali, anche nella Chiesa, sono considerati fattore di disturbo, di indebolimento del senso di unità. In realtà lo spirito critico e autocritico di cui sono portatori ci aiuta a crescere. L’Europa stessa non è concepibile senza questo spirito critico».
(4, continua)
Chi è
di Pierangelo Giovanetti
Lo storico prestato alle lotte di Solidarnosc torico e intellettuale polacco, studioso di storia medievale, Bronislaw Geremek (nella foto) è titolare della cattedra di Civilizzazione europea presso il College of Europe di Natolin,Varsavia. Settantaquattro anni (è nato a Varsavia il 6 marzo 1932), insignito di premi prestigiosi come la Legione d’Onore francese e i tedeschi Karlspreis e Grosses Verdienstkreuz, Geremek fu un duro oppositore del regime comunista e tra i leader di Solidarnosc. Sceso in politica, è stato per anni parlamentare e anche ministro degli Esteri della Polonia fino al 2000. Con l’entrata della Polonia nell’Unione europea, nel 2004 è stato eletto europarlamentare. Tra i suoi vari incarichi accademici, va ricordato quello di direttore del Research Department for Medieval History dell’Accademia polacca delle Scienze, e quello di direttore del Centro di cultura polacca della Sorbona di Parigi.
Società - lun 21 ago
Rassegna stampa
Civiltà )( Barbarie TRA FEDE E RAGIONE / 4
Parla lo storico Bronislaw Geremek • «Punto d’incontro tra filosofia e religione è l’attenzione alla centralità della persona, base sia dell’idea biblica di un uomo creato a immagine di Dio, sia dell’umanesimo laico, rinascimentale e illuminista» • «Impossibile comprendere la nostra identità senza riconoscere il ruolo del pensiero cristiano nella sua formazione Ma accanto a questo vi sono anche altri fondamenti: uno è il pluralismo (di idee, di credi, di tradizioni e di lingue), radice culturale del Vecchio continente»
di Pierangelo Giovanetti
Tratto da Avvenire del 21 luglio 2006
Nei suoi occhi porta il dramma delle due grandi tragedie del secolo, che hanno travolto l’Europa e segnato nel profondo l’umanità: il nazismo e il comunismo. Era solo un bambino quando, cresciuto nel ghetto di Varsavia, vide suo padre morire ad Auschwitz, con il distintivo della Croce rossa polacca al braccio, per la sola colpa di aver aiutato gli ebrei a salvarsi. Già affermato professore di storia medievale conobbe poi il carcere, quando il regime militare comunista del generale Jaruzelski nel dicembre 1981 decretò la legge marziale arrestando migliaia di intellettuali ed oppositori politici. «Non dimenticherò mai la condizione di carcerato, la sensazione di sentirmi totalmente senza diritti e senza poteri, alla mercede assoluta dei carcerieri», esclama, ripercorrendo quei giorni nella memoria. «Da allora mi sono sempre battuto a favore dei carcerati, perché la loro dignità umana non venga mai calpestata».
Intellettuale di spicco della Polonia prima e dopo il crollo del Muro di Berlino, storico insigne con prestigiosi riconoscimenti internazionali, negli anni di Solidarnosc Bronislaw Geremek passò all’impegno politico diretto, prima come consigliere di Lech Walesa, poi come portavoce del movimento. Dopo il crollo del comunismo fu eletto deputato nel Parlamento polacco, e dal 1997 al 2000 è stato ministro degli Esteri. «Il posto dell’intellettuale non è in politica», spiega. «Ma talvolta, in situazioni eccezionali, viene richiesto un coinvolgimento diretto. Non per realizzare in politica un programma filosofico, ma semplicemente perché in quel momento storico il dovere di servire il proprio Paese e i valori in cui si crede esige di scendere in campo».
Professor Geremek, il ritorno della religione sulla scena pubblica oggi in Europa ripropone la questione: come conciliare laicità dello Stato e credo religioso, radici cristiane e pluralismo di fedi?
«Il tentativo di espellere la religione dalla vita pubblica, che ha contrassegnato la storia moderna dell’Europa, è naufragato di fronte alla consapevolezza maturata che la sopravvivenza dell’uomo del XXI secolo è legata al ruolo della religione. Oggi il riferimento a valori etici e religiosi ha assunto un’importanza centrale per la stessa politica. Questo riscoperto ruolo pubblico della religione, però, richiede di essere ripensato di fronte al nuovo contesto pluralistico, multiculturale e multireligioso dell’Europa di oggi. È necessario che ogni religione si apra alle altre, non assolutizzando il proprio credo e la propria fede, ma imparando a convivere ed ad esprimersi insieme alle altre».
Il pensiero cristiano ha improntato di sé l’identità europea.Come è possibile mantenere la fedeltà a queste radici,e nello stesso tempo dare cittadinanza piena alle altre religioni?
«Non si può comprendere l’identità dell’Europa se non si riconosce il ruolo che il pensiero cristiano ha avuto nella sua formazione. Voltaire stesso era solito ripetere che l’Europa è cristiana. Se quindi l’Europa vuole conoscere se stessa, comprendere la propria identità, non può ignorare le proprie radici cristiane. Ma accanto a queste vi sono altre radici. E proprio il pluralismo (di idee, di posizioni religiose, di lingue e tradizioni) è un’altra delle radici della cultura europea. Se penso all’antica res publica polacca vedo una prefigurazione della comunità europea di oggi: nel suo paesaggio c’era la Chiesa cattolica latina e quella greco-cattolica, il tempio ortodosso, la sinagoga ebraica, la moschea della comunità tartara. L’Europa non può che essere pluralista, consapevole di quanto, nella trasmissione della cultura, essa sia debitrice ai greci e ai romani, agli arabi e agli ebrei, imparando dalla sua stessa esperienza la forza della tolleranza e la povertà delle ideologie chiuse e totalitarie».
Laicità dello Stato e religione sono per forza conflittuali tra loro?
«Il duplice radicamento dell’antropocentrismo europeo consente di superare il conflitto tra religione e laicità. La civiltà europea assegna infatti all’essere umano particolare collocazione. Questa centralità della persona umana la troviamo sia nell’idea cristiana dell’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio, sia nel concetto della filosofia umanistica rinascimentale, sia nell’umanesimo illuminista. Religione e ragione hanno contribuito entrambe allo sviluppo del concetto di dignità dell’uomo. Laicità e credo religioso non sono quindi in contrapposizione, ma proprio attorno all’idea del rispetto dei diritti umani e della centralità della persona trovano il loro terreno d’incontro».
Ma gli europei sono consapevoli del ruolo che la religione ha nella loro storia e nella loro identità, o sono ormai troppo secolarizzati?
«Paul Ricoeur parlava di "lavoro sulla memoria". Occorre far riflettere gli europei sul modo in cui ci siamo trovati insieme, sul perché rimaniamo insieme, e su che cosa vogliamo fare insieme. È anche il modo affinché gli interessi nazionali non prevalgano su quelli comuni europei. Pur con tutti i suoi limiti e la vistosa quanto insensata esclusione del riferimento alle radici cristiane nel preambolo, la Costituzione europea costituisce un importante riconoscimento del ruolo che la religione ha nell’Europa di oggi. Si parla infatti di necessità di dialogo fra autorità pubbliche e comunità religiose. Non c’è quindi solo l’affermazione della libertà religiosa o della manifestazione della propria fede, ma un vero e proprio obbligo specifico in capo agli stati e alle comunità di tener conto della religione e delle Chiese».
Quali limiti vi sono per lo Stato, e quali per la Chiesa?
«Per una coesistenza pacifica e carica di frutti positivi fra Stato e Chiesa, occorre s’instauri una "separazione amichevole". Vuole dire che nell’interesse d’entrambi, vi deve essere una proficua collaborazione. Questo con dei precisi limiti per entrambi. La Chiesa non deve intervenire direttamente nella vita pubblica, non deve dare indicazioni di voto. E così lo Stato non deve intervenire nella vita interna, spirituale, dei cittadini, ma ha il dovere di preservare la libertà di fede. Se queste condizioni vengono rispettate, lo Stato ha l’incredibile opportunità di vedere crescere l’ethos della società, i riferimenti morali nella vita pubblica. Condizione fondamentale per la sua sopravvivenza ».
Negli ultimi tempi in Europa si sono registrati frequenti episodi di intolleranza religiosa, sia verso i cristiani che verso gli ebrei e i musulmani. Spesso anche degli uni verso gli altri.C’è il rischio che riaffiorino integralismo e fondamentalismo nella terra di Erasmo?
«Fenomeni d’intolleranza religiosa vanno sempre fermati e denunciati, senza sottovalutazioni. La tentazione del fondamentalismo intollerante delle differenze può attecchire sul terreno di tutte le religioni. Bisogna che siano le religione stesse ad opporsi a tali tentazioni. Quanto all’Europa, per sua natura si fonda sui principi di pluralismo, società aperta, coesistenza di diverse religioni dentro la stessa comunità. Se viene meno su questo, viene meno a se stessa. Se riaffiora lo scontro religioso fra integralismi, l’Europa non sarà più comunità, e non sarà più in grado di giocare un ruolo nel mondo».
Di fronte a questo continente in cerca di se stesso, qual è il ruolo dell’intellettuale?
«Quello di servire il proprio Paese e i valori in cui crede, come coscienza critica e come voce che parla forte, fuori dai poteri e a volte contro i poteri. Spesso gli intellettuali, anche nella Chiesa, sono considerati fattore di disturbo, di indebolimento del senso di unità. In realtà lo spirito critico e autocritico di cui sono portatori ci aiuta a crescere. L’Europa stessa non è concepibile senza questo spirito critico».
(4, continua)
Chi è
di Pierangelo Giovanetti
Lo storico prestato alle lotte di Solidarnosc torico e intellettuale polacco, studioso di storia medievale, Bronislaw Geremek (nella foto) è titolare della cattedra di Civilizzazione europea presso il College of Europe di Natolin,Varsavia. Settantaquattro anni (è nato a Varsavia il 6 marzo 1932), insignito di premi prestigiosi come la Legione d’Onore francese e i tedeschi Karlspreis e Grosses Verdienstkreuz, Geremek fu un duro oppositore del regime comunista e tra i leader di Solidarnosc. Sceso in politica, è stato per anni parlamentare e anche ministro degli Esteri della Polonia fino al 2000. Con l’entrata della Polonia nell’Unione europea, nel 2004 è stato eletto europarlamentare. Tra i suoi vari incarichi accademici, va ricordato quello di direttore del Research Department for Medieval History dell’Accademia polacca delle Scienze, e quello di direttore del Centro di cultura polacca della Sorbona di Parigi.