Paolini
Sul «Corriere della Sera» del 4 marzo 2006 è apparso un trafiletto che merita il riporto integrale: «”L’Unione sembra accettare le coppie di fatto, ma come non vedere che nel centrodestra “quasi tutti i capi sono divorziati o risposati o hanno scelto di trasformare la loro unione in coppia di fatto?”. Così l’editoriale del mensile dei Paolini Vita pastorale, che riflette con i parroci su come votare il 9 aprile: se è vero che il “centrosinistra ha una discutibile dottrina sulla famiglia, è vero che il centrodestra ha elevato a sistema la corruzione e il furto.
Basta vedere alcune delle leggi fatte per salvare certi personaggi, e pensare ai condoni”». Mi chiedo, a questo punto, alcune cose. Una è questa: che differenza ci sia tra questo tipo di ragionamento e quelli che sento fare al bar dalle colf. Un’altra è: Credevo che nei seminari si insegnasse la teologia morale, invece vedo che insegnano il moralismo.
Così, tra un separato che però difende il principio della famiglia e uno che resta con la moglie ma avalla la distruzione della famiglia cattolica, è meglio il secondo?
Questa, se non vado errato (e non ci vado) è un’eresia, analoga a quella dei donatisti africani (combattutti da s. Agostino) che sostenevano l’invalidità dei sacramenti amministrati da preti di non specchiata condotta personale. Il resto del giudizio sul centrodestra, poi, quantunque da querela, non mi riguarda.
Ma quel che insegna Vita pastorale, sì, perché questo genere di omelie elettorali sono proprio ciò che titilla le mie nostalgie anticlericali. I preti si limitino a dire messa, per cortesia. E volesse il cielo che almeno questo lo facessero bene. Comunque, il giro mentale sotteso è da “soccorso bianco” tra democristiani non pentiti. Preti compresi.
www.rinocammilleri.it
Sul «Corriere della Sera» del 4 marzo 2006 è apparso un trafiletto che merita il riporto integrale: «”L’Unione sembra accettare le coppie di fatto, ma come non vedere che nel centrodestra “quasi tutti i capi sono divorziati o risposati o hanno scelto di trasformare la loro unione in coppia di fatto?”. Così l’editoriale del mensile dei Paolini Vita pastorale, che riflette con i parroci su come votare il 9 aprile: se è vero che il “centrosinistra ha una discutibile dottrina sulla famiglia, è vero che il centrodestra ha elevato a sistema la corruzione e il furto.
Basta vedere alcune delle leggi fatte per salvare certi personaggi, e pensare ai condoni”». Mi chiedo, a questo punto, alcune cose. Una è questa: che differenza ci sia tra questo tipo di ragionamento e quelli che sento fare al bar dalle colf. Un’altra è: Credevo che nei seminari si insegnasse la teologia morale, invece vedo che insegnano il moralismo.
Così, tra un separato che però difende il principio della famiglia e uno che resta con la moglie ma avalla la distruzione della famiglia cattolica, è meglio il secondo?
Questa, se non vado errato (e non ci vado) è un’eresia, analoga a quella dei donatisti africani (combattutti da s. Agostino) che sostenevano l’invalidità dei sacramenti amministrati da preti di non specchiata condotta personale. Il resto del giudizio sul centrodestra, poi, quantunque da querela, non mi riguarda.
Ma quel che insegna Vita pastorale, sì, perché questo genere di omelie elettorali sono proprio ciò che titilla le mie nostalgie anticlericali. I preti si limitino a dire messa, per cortesia. E volesse il cielo che almeno questo lo facessero bene. Comunque, il giro mentale sotteso è da “soccorso bianco” tra democristiani non pentiti. Preti compresi.
www.rinocammilleri.it