lunedì 12 novembre 2007

Per i comunisti italiani Bush è peggio di Stalin

Per i comunisti italiani Bush è peggio di Stalin
di Diego Randazzo
09 Novembre 2007

Per tutto l’ultimo ventennio, precisamente dalla caduta del muro di Berlino, qualcuno si è illuso che i comunisti rimasti (o perlomeno quegli individui e partiti nostrani che ancora oggi si definiscono tali) avessero un minimo di pudore e buonsenso. Qualcuno ha creduto che nonostante si definissero ancora tali alla parola avrebbero dato un significato diverso di pensiero e di azione, riconoscendo implicitamente se non gli orrori almeno gli errori dei totalitarismi rossi del secolo scorso. Ma l'intervista rilasciata ieri ad Affari Italiani dall’eurodeputato del Pdci Marco Rizzo – e c’è da augurarsi che abbia la maggiore risonanza possibile – è il mezzo ideale per un provvidenziale disincanto di chi crede alla favola del comunismo buono, del comunismo dal volto umano. Tralasciamo la boutade di Diliberto di qualche giorno prima sulla salma di Lenin (l’intervista nasce a seguito dell’episodio) che pure merita una postilla: provate ad immaginare cosa succederebbe se qualcuno, sempre “scherzando” come il segretario del Pdci, chiedesse di trasferire in Italia la salma di un Pinochet…

L’intervista di Rizzo è scandita da un crescendo di clamorose affermazioni, da qui la notevole difficoltà nello scegliere gli estratti. Dopo aver spiegato a proposito della Rivoluzione d’ottobre che “per la prima volta le classi subalterne non solo cambiano una storia millenaria, fatta di sconfitte, ma addirittura conquistano il potere e si fanno Stato” (quando è ormai pacifico che si trattò di un vero e proprio colpo di Stato da parte di un manipolo di persone armate), ecco il primo scivolone di Rizzo: “La figura di Lenin va assolutamente rivalutata”. Qui l’errore non è tanto dottrinale, quanto logico. Se oggi sappiamo la verità, cioè che fu proprio Lenin a ideare i gulag e a iniziare le repressioni di massa che in seguito diventeranno la norma (la regolarizzazione del terrorismo rivoluzionario) è dovuto proprio ad una rivalutazione del personaggio. La figura mitica e fascinosa, nonché falsa, del rivoluzionario di professione è stata sostituita da quella del dittatore di mestiere proprio a seguito dell’accumulo di maggiori informazioni storiche e biografiche e di un dibattito più sereno e meno influenzato dopo la scomparsa dei regimi: la ri-rivalutazione di Rizzo ha quindi il sapore ideologico di una storia da riscrivere a discapito della verità.

L’eurodeputato comunista si lancia poi in una sorta di elogio dell’Unione Sovietica: “Se fosse per me preferirei che ci fosse ancora la bandiera rossa sul Cremlino”, lamentando che il crollo dell’Urss fu dovuto all’arretratezza della società prerivoluzionaria (“se la rivoluzione fosse stata fatta in Germania probabilmente non sarebbe crollata”). Dopo l’errore logico quello di coerenza. Fino ad oggi la professione dei neo-comunisti era spiegarci che in Urss il comunismo è stato applicato male, che l’idea conserva ancora una sua validità e una sua coerenza: come si concilia questo con la nostalgia del regime sovietico? Era o non era l’impero del male di reaganiana memoria? Sono ambiguità connaturate all’essere comunista, a quel particolare tipo antropologico dell’homo ideologicus: come diceva Bloch, “se i fatti non si adeguano alle idee tanto peggio per i fatti”. Una regola che a quanto pare per Rizzo è ancora valida.

L’intervista prosegue, parlando di Stalin come “figura contraddittoria”. E si lancia in un improbabile paragone con Hitler: “Hitler aveva come obiettivo lo sterminio di un'intera razza e la morte delle persone. Stalin l'ha praticata, ma come obiettivo aveva la costruzione di una società giusta”. Viene da domandarsi qual è il pensiero di Rizzo su tutti gli altri dittatori comunisti e come può conciliarli con quanto afferma. Castro (per il quale nutre ammirazione e affetto), Ceaucescu, Ho Chi Min, Mao e via di seguito contribuiscono a smentire le sue affermazioni circa l’errata applicazione di Stalin. Come è possibile che tutti coloro che hanno provato ad edificare società giuste siano riusciti soltanto a realizzare ecatombe? La critica di Rizzo a Stalin non è, come crede lui, ad una eccezione nella regola. Semmai la regola è che dovunque si sia provato a realizzare il comunismo si sia fallito miseramente. L’eccezione mai vista sarebbe vedere un regime felicemente realizzato. Quanto al paragone con Hitler, anche il dittatore tedesco aveva in mente una sua giustizia, una sua ideologia, i suoi morti ammazzati non erano fini a sé stessi. È l’ideologia il pericolo, non il suo colore: e poi, per quanto possa suonare politicamente scorretto, le aberrazioni naziste hanno fatto molti meno morti del comunismo, che in ottant’anni di disonorata carriera è riuscito a far impallidire le cifre degli stermini nazisti.

E poi il culmine: “Meglio Stalin di Bush. Perché il capitalismo di Bush, tra guerre e morti per fame, che non si contano mai, è più dannoso di quello che ha fatto Stalin”. No onorevole Rizzo, questa è una affermazione che neanche un comunista ferreo può permettersi. Gli Stati Uniti con la loro egemonia sono ovviamente perfettibili ma hanno rappresentato e guidato negli anni della guerra fredda quel mondo libero fortunatamente scampato alle miserie d’oltrecortina. Né si sono macchiati di quella che è la più grande colpa del comunismo: la follia di uno potere statale che si rivolge contro i suoi stessi cittadini, che fa dello sterminio dei suoi compatrioti la regola operativa. Le dittature comuniste hanno il triste primato di aver chiuso i propri confini non per evitare l’ingresso (come è immaginabile trattandosi di restrizioni doganali) ma per impedire l’uscita, rendendo tutti prigionieri del proprio paese. Questo non avviene in nessuna democrazia occidentale né risulta che in Italia o negli Stati Uniti siano previste pene carcerarie e lavori forzati per gli anti-comunisti e per chi ha un credo religioso. Cose che per i rivoluzionari, di lotta o di governo, erano all’ordine del giorno.

La storia ha pronunciato la sua condanna, gli uomini non ancora abbastanza. Tanti sono i motivi di questa ritrosia non ultimo il fatto che il comunismo è imploso da sé e non è stato sconfitto direttamente manu militari su un campo di battaglia come è stato il nazismo. A ciò si aggiungano anche le “sacche di resistenza” considerevoli sparse ancora per il mondo (per esempio Cina, Corea del Nord, Cuba), ma nessun motivo è sufficiente per chiudere gli occhi di fronte a questa condanna. E questo vale per chiunque, anche per un comunista irredento come Rizzo. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano D'Alema e Bertinotti.