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Pezzotta: ridate il primato alla famiglia

Avvenire 15-02-2007

INTERVISTA
L'ex leader della Cisl critica l'impianto culturale del disegno di legge sulle convivenze, «un tema imposto al Paese». E ai cattolici dei Dl contesta il richiamo alla laicità dell'agire politico

Pezzotta: ridate il primato alla famiglia

«La legge sui Dico è sbagliata, spero che non venga approvata È una resa all’individualismo»

Da Milano Francesco Riccardi

«Sulle coppie di fatto c’è stata una serie di errori. Il primo è sicuramente quello della fretta. Si è imposto il tema al Paese, si è fatto diventare centrale un problema che non lo era e che anzi si sapeva contrastare non solo con la sensibilità dei cattolici, ma anche con la tradizione, la cultura e il sentire profondo della gente. Quasi a voler imporre una visione sociale in contrasto con quella "religione civile" che permea questo Paese». Savino Pezzotta, ex leader della Cisl e ora responsabile della Fondazione per il Sud, non nasconde la preoccupazione. E sollecita un «atto riparatorio: una legge che ridia il primato alla famiglia naturale».
Alcuni ministri hanno imposto limiti, hanno cercato di migliorare le prime bozze sulle convivenze...
Riconosco lo sforzo e anche di aver ottenuto alcune cose. Ma il risultato finale resta comunque negativo. Ci sono molte incongruenze nel disegno di legge sui Dico. Di più: è oggettivamente qualcosa che modifica l’istituto familiare naturale, così come fissato nella Costituzione. Ed è sconcertante come ci si arrenda a un individualismo esasperato.
Si è detto che andavano assicurati diritti fondamentali alle persone, che occorreva prendere atto di una realtà esistente quali le coppie di fatto.
Nessuno nega la realtà. Piuttosto chi ha voluto questa legge ha negato che vi fossero altre strade per raggiungere gli stessi scopi. Se davvero l’intento era quello di assicurare diritti e tutele alle persone, allora si potevano immaginare modifiche al Codice civile, a singole leggi. Non un nuovo "codice delle convivenze". La realtà purtroppo è un’altra. Ed è quella svelata da quanti – a sinistra e in alcuni movimenti – affermano chiaro e tondo che i Dico sono "la piattaforma su cui costruire qualcos’altro". Che significa? Per me solo una cosa: minare le fondamenta della famiglia e quindi della società stessa.
Ma adesso si può rimediare?
Io spero che la legge non venga approvata. O almeno che il Parlamento cambi profondamente il testo governativo. Penso poi che occorra soprattutto un atto "riparatorio": una legge che davvero sostenga la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, proiettata in una logica generativa, ristabilendo una primazìa che rischia di andare perduta, di essere erosa da altri modelli. Il governo dimostri che la famiglia naturale è una priorità!
Pezzotta, l’accuseranno di essere un baciapile e un reazionario...
Uffa. Io non credo di essere tra quelli che gridano di più, ma chiedo di essere rispettato. Almeno quanto quelli che sbraitano nei cortei. Non mi sento, e non credo di essere, né oscurantista né retrogrado. Ma profondamente turbato, sì. Le leggi non hanno solo la funzione di regolare l’esistente. Hanno un contenuto eminentemente orientativo, educativo. E qual è l’orientamento che emerge dai Dico? Che "tutto fa famiglia", tutto è uguale. Peggio: che ogni desiderio individuale diventa valore e norma. Lasciamo da parte i valori religiosi e restiamo al punto di vista sociale, politico: è questo il modello culturale che vogliamo per la nostra società? Io no, non mi piace, indebolire la famiglia naturale porta solo danni.
Eppure, anche all’interno della Margherita si dice: il politico deve agire laicamente secondo coscienza...
Quell’appello, giuro che non l’ho capito. E l’ho detto anche ad alcuni amici che l’hanno firmato: cosa volevate sostenere? Che la Chiesa debba limitarsi al catechismo e non intervenire? Ma come cattolico sono il primo ad aver necessità che i vescovi si pronuncino, che il magistero illumini le questioni eticamente sensibili. Laicità è l’esatto contrario di quanto sostenuto in quell’appello: rispettare la pluralità, ma anche la tradizione e il sentire profondo di un Paese che è impregnato di valori cristiani. Occorre riflettere su come debbano essere declinate oggi parole come "laicità" e anche "mediazione". Perché quando in gioco ci sono i valori etici, non si può mediare in senso "maritainiano" o come si fa per le questioni economiche, bilanciando equità e quantità.
I 60 firmatari di quell’appello forse volevano dire che il politico sceglie e agisce laicamente secondo coscienza...
Ma certo che il politico, come chiunque, è libero di agire secondo coscienza. Anche in contrasto con quanto dice la Chiesa. Però come cattolico non posso non tener conto che il Papa ha definito vita e famiglia valori "non negoziabili". Se sono cattolico e sto dentro la Chiesa, significa che sono in comunione con i vescovi e il Papa. Posso non essere d’accordo e posso esercitare anche la "correzione fraterna" nei confronti degli stessi vescovi, se penso che in qualche maniera stiano sbagliando...
...Ma alla fine il politico cattolico può votare come meglio ritiene, o no? Lei che ha guidato un sindacato laico, come ha risolto il rapporto tra identità cristiana e mandato laico?
Il credente non è affatto subordinato. È in comunione, in relazione. Può anche agire difformemente al magistero: cosciente però di sottoporre a tensione la comunione della Chiesa, con sofferenza non con baldanza. Personalmente, quando la mattina arrivavo in via Po, non è che togliessi la giacca di cattolico e indossassi quella da laico. Quella cattolica è un’identità pre-formativa, dalla quale non si può prescindere. E da cristiano sono chiamato a dare testimonianza in ogni ambito della mia vita. Il che vuol dire essere pronto, non dico al martirio, ma almeno a pagare qualche prezzo. Il cristiano che non paga prezzi non testimonia.


«Famiglia Cristiana»: da questa legge un messaggio non positivo ai giovani

«La legge sui Dico è sbagliata, spero che non venga approvata È una resa all'individualismo»

Di Francesco Riccardi

«Sulle coppie di fatto c'è stata una serie di errori. Il primo è sicuramente quello della fretta. Si è imposto il tema al Paese, si è fatto diventare centrale un problema che non lo era e che anzi si sapeva contrastare non solo con la sensibilità dei cattolici, ma anche con la tradizione, la cultura e il sentire profondo della gente. Quasi a voler imporre una visione sociale in contrasto con quella "religione civile" che permea questo Paese». Savino Pezzotta, ex leader della Cisl e ora responsabile della Fondazione per il Sud, non nasconde la preoccupazione. E sollecita un «atto riparatorio: una legge che ridia il primato alla famiglia naturale».
Alcuni ministri hanno imposto limiti, hanno cercato di migliorare le prime bozze sulle convivenze...
Riconosco lo sforzo e anche di aver ottenuto alcune cose. Ma il risultato finale resta comunque negativo. Ci sono molte incongruenze nel disegno di legge sui Dico. Di più: è oggettivamente qualcosa che modifica l'istituto familiare naturale, così come fissato nella Costituzione. Ed è sconcertante come ci si arrenda a un individualismo esasperato.
Si è detto che andavano assicurati diritti fondamentali alle persone, che occorreva prendere atto di una realtà esistente quali le coppie di fatto.
Nessuno nega la realtà. Piuttosto chi ha voluto questa legge ha negato che vi fossero altre strade per raggiungere gli stessi scopi. Se davvero l'intento era quello di assicurare diritti e tutele alle persone, allora si potevano immaginare modifiche al Codice civile, a singole leggi. Non un nuovo "codice delle convivenze". La realtà purtroppo è un'altra. Ed è quella svelata da quanti - a sinistra e in alcuni movimenti - affermano chiaro e tondo che i Dico sono "la piattaforma su cui costruire qualcos'altro". Che significa? Per me solo una cosa: minare le fondamenta della famiglia e quindi della società stessa.
Ma adesso si può rimediare?
Io spero che la legge non venga approvata. O almeno che il Parlamento cambi profondamente il testo governativo. Penso poi che occorra soprattutto un atto "riparatorio": una legge che davvero sostenga la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, proiettata in una logica generativa, ristabilendo una primazìa che rischia di andare perduta, di essere erosa da altri modelli. Il governo dimostri che la famiglia naturale è una priorità!
Pezzotta, l'accuseranno di essere un baciapile e un reazionario...
Uffa. Io non credo di essere tra quelli che gridano di più, ma chiedo di essere rispettato. Almeno quanto quelli che sbraitano nei cortei. Non mi sento, e non credo di essere, né oscurantista né retrogrado. Ma profondamente turbato, sì. Le leggi non hanno solo la funzione di regolare l'esistente. Hanno un contenuto eminentemente orientativo, educativo. E qual è l'orientamento che emerge dai Dico? Che "tutto fa famiglia", tutto è uguale. Peggio: che ogni desiderio individuale diventa valore e norma. Lasciamo da parte i valori religiosi e restiamo al punto di vista sociale, politico: è questo il modello culturale che vogliamo per la nostra società? Io no, non mi piace, indebolire la famiglia naturale porta solo danni.
Eppure, anche all'interno della Margherita si dice: il politico deve agire laicamente secondo coscienza...
Quell'appello, giuro che non l'ho capito. E l'ho detto anche ad alcuni amici che l'hanno firmato: cosa volevate sostenere? Che la Chiesa debba limitarsi al catechismo e non intervenire? Ma come cattolico sono il primo ad aver necessità che i vescovi si pronuncino, che il magistero illumini le questioni eticamente sensibili. Laicità è l'esatto contrario di quanto sostenuto in quell'appello: rispettare la pluralità, ma anche la tradizione e il sentire profondo di un Paese che è impregnato di valori cristiani. Occorre riflettere su come debbano essere declinate oggi parole come "laicità" e anche "mediazione". Perché quando in gioco ci sono i valori etici, non si può mediare in senso "maritainiano" o come si fa per le questioni economiche, bilanciando equità e quantità.
I 60 firmatari di quell'appello forse volevano dire che il politico sceglie e agisce laicamente secondo coscienza...
Ma certo che il politico, come chiunque, è libero di agire secondo coscienza. Anche in contrasto con quanto dice la Chiesa. Però come cattolico non posso non tener conto che il Papa ha definito vita e famiglia valori "non negoziabili". Se sono cattolico e sto dentro la Chiesa, significa che sono in comunione con i vescovi e il Papa. Posso non essere d'accordo e posso esercitare anche la "correzione fraterna" nei confronti degli stessi vescovi, se penso che in qualche maniera stiano sbagliando...
...Ma alla fine il politico cattolico può votare come meglio ritiene, o no? Lei che ha guidato un sindacato laico, come ha risolto il rapporto tra identità cristiana e mandato laico?
Il credente non è affatto subordinato. È in comunione, in relazione. Può anche agire difformemente al magistero: cosciente però di sottoporre a tensione la comunione della Chiesa, con sofferenza non con baldanza. Personalmente, quando la mattina arrivavo in via Po, non è che togliessi la giacca di cattolico e indossassi quella da laico. Quella cattolica è un'identità pre-formativa, dalla quale non si può prescindere. E da cristiano sono chiamato a dare testimonianza in ogni ambito della mia vita. Il che vuol dire essere pronto, non dico al martirio, ma almeno a pagare qualche prezzo. Il cristiano che non paga prezzi non testimonia.

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