Qualcuno ci dica che cosa c'è da negoziare ancora
Medio Oriente - lun 31 lug
Rassegna stampa
di Giuliano Ferrara
Tratto da Il Foglio del 31 luglio 2006
Sarà un'altra settimana di negoziato, e le Nazioni Unite ne saranno il teatro. Ma che cosa c'è da negoziare? L'appeasement dovrebbe avere una sua logica. Ma qual è la logica di una nuova risoluzione dell'Orni e di una forza internazionale di interposizione?
Da anni le truppe dell'Unifil stazionano nel sud del Libano. Da sei anni Israele si è ritirata entro i suoi confini. Da due anni è in vigore una risoluzione della comunità internazionale che impone all'inesistente governo libanese il disarmo della milizia islamista Hezbollah. Le cose nel frattempo sono soltanto peggiorate. Il partito di Dio è stato finanziato, riarmato alla grande e incentivato a trincerarsi come uno stato dentro lo stato. La sua televisione satellitare ha chiesto di poter trasmettere da Parigi, e stava per ottenere il permesso. Quando Lionel Jospin, allora premier socialista, si recò a Gerusalemme e poi a Ramallah e parlò contro la pioggia di razzi che Hezbollah faceva cadere sul nord di Israele, lo cacciarono a pedate dall'università palestinese di Bir Zeit, e al suo ritorno in patria Chirac non si preoccupò dei suoi lividi, e dei lividi della Francia, no, lo sgridò. Il partito di Nasrallah nel frattempo ha approfittato delle elezioni libanesi, dopo il ritiro forzato della Siria, giudicata responsabile dell'assassinio di Hariri, ed è nel parlamento e nel governo di Beirut. Iran e Siria, i suoi sponsor, hanno stretto una specie di patto di mutua assistenza militare. L'Iran prende in giro la diplomazia internazionale e corre verso il nucleare mentre dichiara il suo programma: la cancellazione di Israele, e oltre. Insieme, Iran e Siria fanno quel che possono per colpire il governo eletto dagli iracheni dopo la caduta di Saddam, fomentano l'insurrezione, armano la milizia di Moqtada Al Sadr, lo Hezbollah di domani, fomentano la guerra tra sunniti e sciiti, premono per la destabilizzazione e fanno la loro parte per cacciare americani e inglesi. Perfino i binladenisti, nemici giurati degli sciiti, sono saliti sul carro con il discorso di Zawahiri.
Che cosa c'è da negoziare ancora? Forse qualcosa nel fronte del sud? Israele si è ritirato da Gaza e il programma del governo Olmert, di centro sinistra, era il ritiro dalla Cisgiordania e il ridisegno di confini sicuri dietro la barriera difensiva. Hamas ha vinto le elezioni, il suo vero leader risiede a Damasco, e dopo un po' di ammuina per i soldi occidentali ha deciso di azionare la provocazione, d'intesa con Nasrallah, con Ahmadinejad e con Bachar Assad. Sono arrivati i rapimenti, e tutti i nemici di Israele hanno premuto il grilletto della crisi. Volevano i morti civili, visto che per loro i civili sono uno scudo umano con cui proteggere il fanatismo militante o l'obiettivo diretto di attentati e bombardamenti, e li hanno avuti. Volevano spiazzare i regimi che stanno a metà tra l'islamismo e la convivenza con l'occidente (sauditi, egiziani, giordani) e li hanno spiazzati. L'unica cosa che non hanno ottenuto è un immediato appello internazionale alla tregua che suonasse come la condanna di Israele a non potersi difendere dalle milizie armate che premono ai suoi confini, che compiono incursioni dentro i suoi confini, e che lavorano per potenti mandanti statali. Bush è stato chiaro e forte, Condoleezza Rice ha mandato in fumo consapevolmente un anno di lavoro per ricostruire una rete multilaterale nel tentativo di fermare il nucleare iraniano e altri punti di crisi senza dover ricorrere di nuovo alla forza o, peggio, dover subire gli avvenimenti e sottomettersi alla logica espansiva della teocrazia rivoluzionaria che comanda a Teheran.
Qualcuno ci spieghi che cosa c'è da negoziare ancora, quale tipo di pace durevole sia nelle corde di questo nuovo tentativo di appeasement, di una nuova risoluzione dell'Orni, di un'altra Unifil. Gli islamisti sanno combattere, sono gente seria, mettono radici, si armano in modo sempre meno convenzionale, sono difficili da debellare su ogni fronte, hanno fatto vedere i sorci verdi anche a Tsahal nel sud del Libano, hanno dietro di sé una montagna di soldi, infrastnitture potenti, alleanze statali, la umma musulmana o una sua parte consistente, sanno terrorizzare l'opinione pubblica internazionale con gli attentati, hanno prosperato per decenni nell'indifferenza strategica occidentale fino alili settembre, sanno sfruttare le divisioni del nostro mondo, hanno strumenti di comunicazione televisiva globale capaci di colpire come una batteria di missili nucleari quando si tratti di montare l'opinione arabo-islamica e dividere l'opinione occidentale. Quanto tempo ci vorrà ancora prima di convincerci che una pace durevole non sarà mai il prodotto di un negoziato regionale, che solo una vittoria politica, diplomatica e militare contro i regimi del terrore potrà sconfìggere l'offensiva islamista?
Medio Oriente - lun 31 lug
Rassegna stampa
di Giuliano Ferrara
Tratto da Il Foglio del 31 luglio 2006
Sarà un'altra settimana di negoziato, e le Nazioni Unite ne saranno il teatro. Ma che cosa c'è da negoziare? L'appeasement dovrebbe avere una sua logica. Ma qual è la logica di una nuova risoluzione dell'Orni e di una forza internazionale di interposizione?
Da anni le truppe dell'Unifil stazionano nel sud del Libano. Da sei anni Israele si è ritirata entro i suoi confini. Da due anni è in vigore una risoluzione della comunità internazionale che impone all'inesistente governo libanese il disarmo della milizia islamista Hezbollah. Le cose nel frattempo sono soltanto peggiorate. Il partito di Dio è stato finanziato, riarmato alla grande e incentivato a trincerarsi come uno stato dentro lo stato. La sua televisione satellitare ha chiesto di poter trasmettere da Parigi, e stava per ottenere il permesso. Quando Lionel Jospin, allora premier socialista, si recò a Gerusalemme e poi a Ramallah e parlò contro la pioggia di razzi che Hezbollah faceva cadere sul nord di Israele, lo cacciarono a pedate dall'università palestinese di Bir Zeit, e al suo ritorno in patria Chirac non si preoccupò dei suoi lividi, e dei lividi della Francia, no, lo sgridò. Il partito di Nasrallah nel frattempo ha approfittato delle elezioni libanesi, dopo il ritiro forzato della Siria, giudicata responsabile dell'assassinio di Hariri, ed è nel parlamento e nel governo di Beirut. Iran e Siria, i suoi sponsor, hanno stretto una specie di patto di mutua assistenza militare. L'Iran prende in giro la diplomazia internazionale e corre verso il nucleare mentre dichiara il suo programma: la cancellazione di Israele, e oltre. Insieme, Iran e Siria fanno quel che possono per colpire il governo eletto dagli iracheni dopo la caduta di Saddam, fomentano l'insurrezione, armano la milizia di Moqtada Al Sadr, lo Hezbollah di domani, fomentano la guerra tra sunniti e sciiti, premono per la destabilizzazione e fanno la loro parte per cacciare americani e inglesi. Perfino i binladenisti, nemici giurati degli sciiti, sono saliti sul carro con il discorso di Zawahiri.
Che cosa c'è da negoziare ancora? Forse qualcosa nel fronte del sud? Israele si è ritirato da Gaza e il programma del governo Olmert, di centro sinistra, era il ritiro dalla Cisgiordania e il ridisegno di confini sicuri dietro la barriera difensiva. Hamas ha vinto le elezioni, il suo vero leader risiede a Damasco, e dopo un po' di ammuina per i soldi occidentali ha deciso di azionare la provocazione, d'intesa con Nasrallah, con Ahmadinejad e con Bachar Assad. Sono arrivati i rapimenti, e tutti i nemici di Israele hanno premuto il grilletto della crisi. Volevano i morti civili, visto che per loro i civili sono uno scudo umano con cui proteggere il fanatismo militante o l'obiettivo diretto di attentati e bombardamenti, e li hanno avuti. Volevano spiazzare i regimi che stanno a metà tra l'islamismo e la convivenza con l'occidente (sauditi, egiziani, giordani) e li hanno spiazzati. L'unica cosa che non hanno ottenuto è un immediato appello internazionale alla tregua che suonasse come la condanna di Israele a non potersi difendere dalle milizie armate che premono ai suoi confini, che compiono incursioni dentro i suoi confini, e che lavorano per potenti mandanti statali. Bush è stato chiaro e forte, Condoleezza Rice ha mandato in fumo consapevolmente un anno di lavoro per ricostruire una rete multilaterale nel tentativo di fermare il nucleare iraniano e altri punti di crisi senza dover ricorrere di nuovo alla forza o, peggio, dover subire gli avvenimenti e sottomettersi alla logica espansiva della teocrazia rivoluzionaria che comanda a Teheran.
Qualcuno ci spieghi che cosa c'è da negoziare ancora, quale tipo di pace durevole sia nelle corde di questo nuovo tentativo di appeasement, di una nuova risoluzione dell'Orni, di un'altra Unifil. Gli islamisti sanno combattere, sono gente seria, mettono radici, si armano in modo sempre meno convenzionale, sono difficili da debellare su ogni fronte, hanno fatto vedere i sorci verdi anche a Tsahal nel sud del Libano, hanno dietro di sé una montagna di soldi, infrastnitture potenti, alleanze statali, la umma musulmana o una sua parte consistente, sanno terrorizzare l'opinione pubblica internazionale con gli attentati, hanno prosperato per decenni nell'indifferenza strategica occidentale fino alili settembre, sanno sfruttare le divisioni del nostro mondo, hanno strumenti di comunicazione televisiva globale capaci di colpire come una batteria di missili nucleari quando si tratti di montare l'opinione arabo-islamica e dividere l'opinione occidentale. Quanto tempo ci vorrà ancora prima di convincerci che una pace durevole non sarà mai il prodotto di un negoziato regionale, che solo una vittoria politica, diplomatica e militare contro i regimi del terrore potrà sconfìggere l'offensiva islamista?